«La statalizzazione delle autostrade, con le regole che abbiamo oggi, sarebbe un suicidio, un bagno di sangue. E d’altra parte perché si sia privatizzato, ce lo ricordiamo tutti: le società pubbliche erano diventate un ricettacolo di malaffare ed erano economicamente un colabrodo. Se si vuol tornare a quei tempi lì si deve essere chiari con i cittadini: si torna all’epoca in cui si pensava un ponte e per farlo ci volevano vent’anni».
Per il governatore Luca Zaia l’ipotesi annunciata dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e sostenuta dal Movimento Cinque Stelle e da una parte della Lega «non può funzionare». Sul piano finanziario perché «l’efficienza del pubblico è lontana da quella del privato, a ben vedere anche per questo sono nati i project financing»; sul piano normativo perché «la burocrazia del pubblico non consente la rapidità di azione del privato»; sul piano «politico» perché «è chiaro che l’azione di un comitato che si batte contro una Grande Opera viene subìto in maniera diversa dal pubblico rispetto al privato»; e infine sul piano gestionale perché «è utopico pensare di trovare manager disponibili a gestire le autostrade per il pubblico con i tetti imposti agli stipendi dei nostri dirigenti».
Per il governatore, che sembra aderire alla linea «riflessiva» che all’interno della Lega ha nel sottosegretario Giancarlo Giorgetti il suo alfiere, più che alla statalizzazione crede alla regionalizzazione delle reti e rilancia la sua idea di dar vita ad una holding autostradale del Nordest partendo dalla partnership tra la Regione Veneto e la Regione Friuli Venezia Giulia in «Società autostradale Alto Adriatico», con un primo possibile allargamento a Cav e all’Autobrennero: «È nel mio programma dal 2010 e all’epoca tanti sorridevano… hanno fatto lo stesso nel 2015, quando l’ho riproposta, mi fa piacere che adesso spicchi il volo e molti ne parlino, perché i fatti di Genova l’hanno resa attuale. Mettere l’intera rete regionale e interregionale in un unico contenitore consentirebbe di ridisegnare la mobilità a Nordest, creando sinergie ed efficienze. L’abbiamo visto con gli ospedali: avvicinare la catena decisionale al territorio migliora la gestione».
Zaia, nel suo incontro di ieri con la stampa quasi interamente dedicato al tema delle infrastrutture, ha parlato anche della famiglia Benetton, al centro delle polemiche in questi giorni: «Nelle prime ore dopo il disastro ha gestito male la situazione perché occorreva subito una presa di posizione forte; però è bene e fondamentale, in questa fase, chiarire fino in fondo le cause del crollo e le relative responsabilità. Dopo le prime dichiarazioni, ora stiamo assistendo ad indiscrezioni di tutti i tipi, dal carroponte alle fondamenta». Il presidente avverte: «Chi sarà ritenuto responsabile dell’accaduto dovrà pagare fino in fondo, senza sconti» ma allo stesso tempo, premettendo di «non voler scagionare Atlantia», infila nel mirino il ministero: «È un po’ come è accaduto con le banche popolari e Bankitalia: qualcuno doveva vigiliare e non l’ha fatto, penso sia doveroso accendere un faro anche qui, non solo sui gestori dell’autostrada, a cui certo andrà revocata la concessione se saranno ritenuti colpevoli».
Zaia, che con il Movimento Cinque Stelle in Veneto ha rapporti assai meno distesi di quelli che ha Lega con gli alleati di Governo a Roma, sfida i giornalisti: «Oggi vedo che i “no-Gronda” sono spariti: mi piacerebbe che andaste ad intervistarli. Sono davvero tante le opere contestate che poi si sono rivelate funzionali, penso al Passante di Mestre. Ritengo che quello attuale sia un bel banco di prova per il Movimento, per sapere da che parte sta: con le opere o contro?». Ogni riferimento alla Pedemontana non è assolutamente casuale.
Infine, quanto alle opere viarie del Veneto, Zaia conferma quanto detto da Silvano Vernizzi, amministratore delegato di Veneto Strade, e cioè che qui «non c’è nulla da temere perché dove è necessario intervenire si sta intervenendo, da prima dei fatti di Genova, con 15 milioni. E comunque nessuna opera di competenza della Regione versa in condizione tali da metterne a rischio la stabilità». Questo anche per tranquillizzare i cittadini che, racconta il governatore, «ogni giorno mi mandano preoccupati foto di ponti e viadotti di ogni genere». Un osservato speciale, però, c’è ed è il ponte di Vidor sul Piave: «Risale al 1926, un tempo era di legno, e dev’essere assolutamente sistemato, perché è a rischio. Di più: non escludo che con l’occasione si possa pensare anche ad una sua rilocalizzazione. È di proprietà della Provincia di Treviso che però non ha i soldi per intervenire, occorrono tra i 35 e i 40 milioni. Noi stiamo facendo quel che possiamo, abbiamo pronto uno studio di fattibilità, ora ci attendiamo che lo Stato finanzi il cantiere quanto prima, è una priorità».