Mentre assistiamo a una campagna elettorale particolarmente generosa nelle promesse di spesa quanto avara di senso pratico, gli indicatori che giungono dall’economia reale ci consentono di rimettere la concretezza sul podio e di prenderci una pausa di ristoro.
Nel terzo trimestre ‘17 gli ordini di macchine utensili e robot destinati al mercato italiano hanno fatto segnare uno straordinario balzo dell’86,2%rispetto a dodici mesi fa. Il numero-monstre si spiega anche con un doppio effetto psicologico: nell’ultimo trimestre del ‘16 si aspettava che entrassero in vigore gli incentivi di Industria 4.0 e nei mesi scorsi, invece, molti imprenditori hanno anticipato una fetta delle loro scelte di investimento («perché con la fibrillazione politica che c’è non si sa mai» è la vox populi ). Ma al di là dei raffronti congiunturali l’industria dei beni strumentali non era andata mai così bene: il portafoglio ordini è già pieno per i prossimi 7 mesi e la saturazione della capacità produttiva è a quota 85%.
Industria 4.0 dunque ha funzionato e i risultati segnalati dall’Ucimu autorizzano ottimismo sulle tendenze macroeconomiche visto che si scaricheranno sul Prodotto interno lordo 2018. In merito, dopo il rialzo delle previsioni da parte del Fondo monetario internazionale, sono giunte ieri valutazioni che vanno sostanzialmente nella stessa direzione da parte di RefRicerche e del Centro Studi Confindustria. I driver di una ripresa, che l’economista Fedele De Novellis definisce «relativamente vivace se confrontata con i ritmi modesti di ieri», sono gli investimenti — come dimostrano i dati Ucimu — e l’export. L’occupazione è segnalata in aumento ma in materia c’è da sciogliere la vexata quaestio che riguarda di questi tempi l’incremento-record dei contratti a termine: sono il riflesso di un’anomalia che si può correggere con i nuovi incentivi 2018 oppure sono la conseguenza di un mutamento strutturale del mercato del lavoro? Ci vorrà qualche settimana ancora e qualche carotaggio in più — come quello pubblicato ieri da Veneto Lavoro («solo un contratto a termine su 6 può trasformarsi in tempo indeterminato») — per poter formulare delle prime risposte. Intanto però RefRicerche segnala come al festival della ripresa manchi l’apporto decisivo di altri due importanti protagonisti: i prezzi e i salari. Per questi ultimi vale la pena sottolineare come pesi l’incertezza sulle nuove relazioni industriali, testimoniata a sua volta dall’improvvisa guerra (proclamate ben 24 ore di sciopero!) scoppiata nel settore gomma-plastica per la contesa sul recupero di una quota, tutto sommato non elevata, di aumenti legati a quell’inflazione che non c’è. Gli accordi di scambio esplicito produttività- salari sono ancora un’eccezione.