Richiesta di concordato preventivo per Valtur, lo storico brand del turismo Made in Italy che con i villaggi ha cambiato le vacanze degli italiani e ha fatto la fortuna di star come Fiorello. Si chiude così la gestione della Investindustrial, il fondo d’investimento che fa capo al Re Mida del private equity italiano, Andrea Bonomi, che nell’aprile 2016 ha rilevato 13 strutture investendo 100 milioni di euro per creare un gruppo turistico leader nell’area del Mediterraneo, ma che ha solo accumulato decine di milioni di debiti, soprattutto verso i fornitori.
La richiesta, presentata al Tribunale di Milano, concede all’azienda fino a 120 giorni di tempo per presentare un piano di ristrutturazione e risanamento. Se questo non dovesse accadere, si passerà al fallimento. “Un atto gravissimo e irresponsabile intrapreso senza che sia stato svolto alcun incontro, nemmeno informativo, con le organizzazioni sindacali. Aprire la strada di un concordato senza ipotesi industriale, dimostra che non c’è nessun piano alternativo”, denuncia Luca De Zolt, della Filcams Cgil Nazionale che già due giorni fa è riuscito a ottenere un incontro con il Ministero dello Sviluppo per il 15 marzo. Sul tavolo c’è il futuro occupazionale di oltre mille lavoratori: 100 sono i dipendenti nella sede di Milano, a cui si sommano gli stagionali nel periodo estivo e l’indotto.
La crisi della società sta covando da tempo e già una settimana fa è scattato il blocco delle prenotazioni per la prossima stagione, nonostante sull’home page del sito campeggi ancora la scritta “Quest’inverno regalati l’estate. Prenota con Valtur entro il 3 aprile per risparmiare fino al 25%”. La decisione dello stop è stata presa dopo una serie di giornate concitate e in concomitanza con l’arrivo dell’ex amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, in qualità di advisor per far fronte al momento delicato.
I sindacati temono che la richiesta del concordato preventivo con riserva consentirà all’azienda di disinnescare eventuali azioni esecutive da parte dei creditori e di creare una newco in cui far confluire business e attività, lasciando alla vecchia Valtur debiti e contenziosi pregressi. Lo stesso piano che Del Torchio ha realizzato con l’ex compagnia di bandiera nel 2014.
Intanto è stato dato l’annuncio di drastici tagli dei villaggi turistici:prossimamente sul mercato ne arriveranno almeno 8 o 9. Il gruppo dovrebbe, infatti, tenere solo alcuni pezzi pregiati, tra cui il Tanka in Sardegna. Una partita che si incrocia con un’altra, quella di Invitalia: la società, attiva nel settore dei villaggi turistici, sta seguendo diversi progetti di sviluppo nel settore.
La crisi di Valtur parte da lontano: nel 2011 viene avviata una procedura concorsuale, dopo aver accumulato debiti per 300 milioni di euro. Arriva l’amministrazione straordinaria fino al 2013 quando il gruppo viene rilevato da Orogroup, della famiglia Ljuljdjuraj, e tra i soci con il 42% c’era Nem della Popolare di Vicenza. A distanza di tre anni il fondo Investindustrial, che fa capo ad Andrea Bonomi, rileva il gruppo e investe 100 milioni per ripianare le perdite e per un aumento di capitale.
I sindacati puntano il dito anche contro l’ad di Valtur, Elena David, che non avrebbe sviluppato “un vero rilancio dell’azienda”. Nel 2017 il bilancio si è chiuso con un fatturato di circa 85 milioni e una perdita di 80 milioni, più o meno come nel 2016. A novembre scorso la società è riuscita solo a vendere alla Cassa depositi e prestiti tre dei suoi resort (Marilleva, Pila e Ostuni al prezzo di 43,5 milioni), di cui la società di Bonomi avrà la gestione per 30 anni.
A febbraio, tra i gruppi che si sono fatti avanti per rilevare Valtur c’è stato anche Th Resort. Una società che – in forte difficoltà economica come Valtur – ha ricevuto 20 milioni di euro da parte di Cdp per la cessione di due strutture.