Povera Scienza… A leggere i giornali o, più superficialmente, a scorrere le bacheche dei nostri profili social, verrebbe da dire che la scienza non se la stia passando troppo bene ultimamente. Non mi riferisco qui alle questioni di bioetica che l’editing del genoma (il famoso CRISPR) inevitabilmente pone o agli scenari che l’intelligenza artificiale sta aprendo e su cui è doveroso confrontarsi. Penso, piuttosto, a tutte quelle “certezze” con cui siamo cresciuti e che sembrano traballare scricchiolanti in quest’epoca di relativismo scientifico: al di là degli scontri sui vaccini, oltre la disputa sul riscaldamento globale, a veder fiorire associazioni come la Flat Earth Society – un esempio tra tanti che vanta pure antichi natali (risale ai primi dell’Ottocento) e che oggi raccoglie quasi 170mila seguaci con il solo scopo di dimostrare la piattezza della Terra –, vuol dire che è necessario innanzitutto ristabilire la fiducia nella scienza e che dimostrarne il valore non è per nulla superfluo.
Per questo è importante portare la scienza in piazza. E’ essenziale creare e partecipare a momenti di aggregazione e condivisione pubblica – cioè di dibattito aperto, di informazione, educazione e conoscenza – di cos’è la scienza. “Per sapere dove mettere il confine tra quello che è possibile o quello che non è possibile fare […] dopo aver capito come funziona e averci ragionato sopra” come scriveva Mauro Giacca, il direttore del Centro Internazionale per l’Ingegneria Genetica e le Biotecnologie (ICGEB) di Trieste nella sua analisi pubblicata da Cult di VeneziePostlo scorso 13 luglio. E per capire che le certezze su cui sembra basarsi la scienza (agli occhi di chi non se ne occupa) sono tutt’altro che granitiche: “la scienza è basata sugli errori e sbagliare è la parte più eccitante del lavoro di ricerca: certo, è costoso, ma è l’errore che garantisce l’avanzamento della scienza” come mi spiegava un giorno al telefono Sandra Savaglio, la celebre astrofisica – esempio di “cervello ritornato” in Italia – cui Time ha dedicato una copertina nel 2004.
E’ giusto, quindi, promuovere una cultura di sostegno alla ricerca – la grande assente dalle dichiarazioni (e dagli intendimenti?) della politica attuale –; ma è anche necessario cominciare a pensare alla ricerca non solo in un’ottica di esclusivo avanzamento culturale, ma anche come strumento di sviluppo economico e territoriale. Le testimonianze non mancano: aziende “champion” come Scarpa e Sacco (quest’ultima, peraltro, fonda il proprio successo sul processo di pastorizzazione che trae il nome dal suo inventore, Louis Pasteur, il padre della microbiologia e dei vaccini…) o, ancora, come Lima Corporate, esempio di punta di quel comparto del biohightech che sta crescendo nel nostro Nordest. Casi di successo che dimostrano che la scienza si traduce in valore – in questo caso economico – quando vi è dialogo tra ricerca e impresa, progettualità e visione d’insieme. Portare la scienza in piazza è, quindi, metaforicamente, uno strumento per esporla alle esigenze del mondo reale, al confronto con l’esterno, per costringerla provocatoriamente a uscire dalla torre d’avorio in cui talora le persone di scienza si rinchiudono.
Portare la scienza in piazza è, poi, un’operazione di apertura, di trasparenza e restituzione alla collettività: è un modo per promuovere una corretta informazione, per contrastare la diffusione di “fake news”, per promuovere la cultura della scienza, la sua importanza sociale come strumento per il benessere, ma anche – come ama sottolineare l’AIRC, content partner di quest’edizione del Festival – “per informare gli italiani sui risultati raggiunti grazie alla loro fiducia” e al loro sostegno.
Trieste Next porterà la scienza in piazza e sarà un’ulteriore occasione per riconoscere e celebrare l’importanza della ricerca. Non ci resta, quindi, che invitarvi ad ascoltare le testimonianze delle tante donne e uomini di scienza con cui noi abbiamo avuto la fortuna di confrontarci in anteprima costruendo il programma della manifestazione. Con l’augurio – usando la battuta di qualche giorno fa del rettore dell’Università di Trieste Maurizio Fermeglia – che “l’ignoranza rimanga un diritto e non diventi un dovere”.
*Direttore Trieste Next, senior partner ItalyPost