Cosa accomuna una Testarossa a una Diablo o a una Ghibli? Sicuramente la rivalità. Ferrari versus Lamborghini versus Maserati. Ma c’è dell’altro. Sotto la scocca, queste e molte altre supercar portano la firma Vaccari & Bosi. Un nome poco conosciuto tra i non addetti ai lavori, e riconosciuto invece come eccellenza assoluta dai grandi marchi del settore. «Siamo protagonisti silenziosi»: è così che il presidente Paolo Bosi riassume l’identità dell’azienda.
La sua storia parte dall’officina modenese del «tubista» William Vaccari. È a lui che il Drake di Maranello — per chi avesse bisogno di traduzione: Enzo Ferrari — affida la produzione dei telai del Cavallino rampante. Era il 1956. Negli anni Settanta sarà poi Bosi, genero di Vaccari, a far nascere l’azienda a Pievepelago, su nell’Appennino modenese. «Credevo di avere qualche numero, volevo aprire un’azienda per conto mio. E con Lucilla, mia moglie, ce l’abbiamo fatta ».
Il primo progetto arriva proprio da Maranello: il telaio della 404 Automatica seguito dal «Gobbone», la Ferrari 365 GTC4. Poi, agli ordini della «Rossa» si affiancheranno quelli di altre auto d’alta gamma, modelli in tiratura limitata inclusi. Questo aprirà la strada per il successo globale e porterà il fatturato Vaccari & Bosi a superare i 30milioni. «Oggi, a livello privato, siamo i più grandi trasformatori di estrusi d’alluminio in Europa». Un risultato costruito di telaio in telaio (e raggiunto con una redditività industriale attorno al 30%) grazie a un servizio quasi sartoriale. Lo staff segue i clienti dallo studio di fattibilità fino alla progettazione e sviluppo dei prototipi. E va oltre: «Siamo una realtà anomala: progettiamo e realizziamo anche molte delle attrezzature necessarie per la produzione». Una profonda conoscenza dei processi che ha permesso a Bosi, anche, diriadattare quel che produce all’emergenza pandemica.
«Dopo aver visto i carri funebri a Bergamo, un anno fa, mi sono chiesto cosa avrei potuto fare per essere d’aiuto». Poche chiacchiere: in 15 giorni i tecnici dell’azienda hanno sviluppato il prototipo del Varco Fiv, «Fuori Il Virus». Spiega Bosi: «In pochi secondi disinfetta mani e suole, verifica la temperatura e il corretto utilizzo della mascherina». Del resto, le imprese Champions si distinguono anche per l’attenzione al territorio. Lui, da Pievelago, cita Adriano Olivetti e aggiunge: «Nel mio piccolo, voglio fare qualcosa per gli altri». Un’idea di imprenditoria che troppo spesso sembra appartenere a tempi passati. Purtroppo.