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Novant’anni non passano inosservati, soprattutto se in quel secolo c’è la storia dell’oreficeria italiana e dell’industria aretina, che ha cambiato nome da Gori&Zucchi a UnoAErre, ha cambiato pelle, ha cambiato proprietà, ora di Sergio Squarcialupi, ma senza cambiare l’anima. E così nel 2016 si è aperto il museo aziendale della UnoAErre ed è stato presentato il libro di Giuliano Centrodi «Novant’anni preziosi» nello stabilimento di San Zeno. Un compleanno importante per l’azienda fondata nel 1926 da Leopoldo Gori e Carlo Zucchi, la prima azienda orafa aretina UnoAErre che dai laboratori di via Seteria e di Corso Italia conquistò rilevanza mondiale grazie a design, tecnologia, collaborazioni artistiche con Manzù, Annigoni, Dalì, Bini, Pomodoro, Venturi, Galoppi, Scatragli. L’azienda ha fatto scuola creando generazioni di imprenditori e pezzi passati alla storia.
Le parole chiave di questa pagina di storia, ricordata dai suoi protagonisti, il senso di appartenza, l’innovazione, la ricerca, la collaborazione con il mondo dell’arte e della moda, la passione inculcata. A raccontare novant’anni di oreficeria e industria il critico d’arte Enrico Crispolti che ha scritto anche l’introduzione al libro di Centrodi, Beppe Angiolini titolare di Sugar e direttore artistico di Oro Arezzo e presidente della Camera della moda, lo stesso Giuliano Centrodi, il sindaco Alessandro Ghinelli, Riccardo Gennaioli curatore di mostre, collaboratore del Museo degli argenti di Firenze che sull’azienda aretina scrisse la sua tesi di laurea, tutto coordinato da Michele Tocchi.
“Abbiamo ricominciato ad avere credibilità nel mondo” ha annunciato Squarcialupi che nel suo discorso ha ricordato come le generazioni dei Gori e degli Zucchi abbiano l’oro nel dna. La felice collaborazione tra l’industria aretina e i grandi artisti secondo Crispolti il segreto del suo successo che ha saputo far dialogare l’inventiva e il design con le esigenze della produzione seriale. Lo stesso concetto ripreso da Angiolini per il quale il dialogo con il mondo della moda ha aperto le porte del made in Italy nel mondo. “L’orgoglio della città – per il sindaco Ghinelli – la speranza nel futuro grazie a un’azienda che ha portato il nome di Arezzo nel mondo, all’avanguardia nelal ricerca e nella produzione, che ha avuto difficoltà ma che si è rialzata e ora è solida che ha con Arezzo un legame unico e inscindibile”
Era il 1926 e pilotando il lavoro di un centinaio di operai, Gori e Zucchi già pensavano non soltanto a “fare”, ma anche ad “insegnare”: ed è stata certamente la scuola uno dei pilastri dell’attività dei due geniali imprenditori. Venne anche aperto il Centro Studi Superiori di Arte Orafa nel novembre 1973 nella sede di Corso Italia 10 ad Arezzo. Il corso, affidato a Bruno Galoppi, ebbe fra i borsisti della prima ora lo stesso Centrodi (che ha scritto il libro dei novant’anni dell’azienda).
Un museo e un libro per ripercorrere tutte le tappe di questa favolosa avventura imprenditoriale e culturale, dalle decine di inquadrature di archeologia industriale degli anni Trenta-Cinquanta, allo splendore delle realizzazioni su disegni di Giacomo Manzù, Pietro Annigoni, Salvador Dalì, Bino Bini, Arnaldo Pomodoro, Venturino Venturi, Bruno Galoppi, Enzo Scatragli (il genius loci di cui non possiamo non rammentare almeno la medaglia per il centenario di Piero della Francesca e il Fermaglio di Piviale col favoloso rubino affondato nell’oro, donato dalla Città di Arezzo, dalla Uno A Erre e dalla Chimet a Benedetto XVI nel 2012) ).
E ancora Orlando Orlandini, Kenneth McGrath, Irene Lamont (la famosa Collana Pianoforte), Tomoko Nakasu, Dora Grieco, Stanislaw Sikora. Fra le curiosità spiccano il prototipo della spada realizzata per Saddam Hussein, presentata in diretta a Piacere RAI 1 dal Teatro Petrarca di Arezzo il 12 gennaio 1991 e i bracciale e collana in oro bianco e diamanti realizzati nel 1992 su disegno di Jerry Lewis. Non poteva mancare una sezione dedicata a Gio Pomodoro.
*La Nazione, 18 marzo 2018