Brembo e Fca. Ma anche Stm e Ima, Siemens e Danieli, o ancora Bosch, Comau, Ducati, Tim, Eni. Sono centinaia le imprese che hanno risposto alla “chiamata” degli atenei, proponendosi come partner per l’avvio dei competence center, poli di trasferimento tecnologico che rappresentano uno dei pilastri della fase 2 del piano Industria 4.0. Arrivato ad un momento chiave, perché entro il 30 aprile le Università che intendono candidarsi a conquistare le risorse messe a disposizione (40 milioni) dovranno consegnare al Mise il progetto definitivo. Dai bandi di evidenza pubblica, necessari per coinvolgere i partner privati, arrivano intanto elementi confortanti, a testimonianza di un grande interesse da parte del mondo delle imprese.
Come accade al Politecnico di Milano, il cui progetto è concentrato sulla manifattura digitale (sistemi cyber-fisici per il manifatturiero avanzato), con l’obiettivo prioritario di sostenere la trasformazione delle Pmi: attività di orientamento/accompagnamento e formazione a cui si affiancheranno iniziative di trasferimento tecnologico. «L’ambizione – spiega il rettore Ferruccio Resta – è quella di costruire un servizio di valenza nazionale che offra un sostegno concreto al cambiamento: non quindi un laboratorio di ricerca ma un vero centro di competenza industriale. Ed ecco perché è cruciale il coinvolgimento delle imprese». Una trentina i partner selezionati, aziende che daranno sostegno finanziario diretto ma anche tecnologie e ore/uomo: contributi quantificati in 20 milioni di euro. «La risposta è stata importante e persino superiore alle nostre attese – aggiunge Resta -, il che per il futuro garantisce la sostenibilità del progetto oltre la fase di start-up, anche a prescindere dalla disponibilità di risorse pubbliche».
Il piano scommette sull’area della Bovisa, distretto hi-tech ormai decollato grazie all’arrivo della Tsinghua University di Pechino e del suo maxi-incubatore (il più grande al mondo), che si aggiunge alla rete di laboratori e all’acceleratore d’impresa dello stesso Politecnico.
Una trentina le aziende selezionate anche dall’ateneo di Padova (+di 50 le offerte), capofila di un progetto che coinvolge praticamente tutte le università del Triveneto oltre a Fondazione Bruno Kessler e Istituto nazionale di Fisica Nucleare e che si concentra sulle tecnologie “Smact” (Social network, Mobile platforms &Apps, Advanced Analytics and Big Data, Cloud, Internet of Things).
Oltre a Torino, l’altro Politecnico coinvolto è quello di Bari. Che insieme a Università di Napoli Federico II e altri sei atenei (+Regione Campania e Puglia) punta su progetti di integrazione di filiera e di sistema con ricadute prioritarie per i settori automotive, aerospazio, ferroviario, cantieristico. «Le imprese hanno risposto in modo eccellente – spiega il rettore del Politecnico di Bari Eugenio Di Sciascio – e ora si tratta di selezionarle tra le 148 offerte pervenute».
In campo, puntando sulla cybersecurity, anche la Sapienza di Roma(insieme a Tor Vergata, Roma Tre, Luiss-Guido Carli, Tuscia, Cassino, l’Aquila), con un focus previsto su automotive, e-health e aerospazio. La Scuola S.Anna di Pisa, insieme alla Normale ed altri atenei, toscani e non solo, gioca le proprie carte mettendo al primo posto l’area che presidia da anni, cioè la robotica collaborativa, anche se i progetti si allargano anche ad altri capitoli di Industria 4.0 (cloud, big data…). «L’interesse delle imprese è elevato – spiega il rettore Pierdomenico Perata -, lo testimoniano le oltre 100 richieste di partnership che ci sono arrivate».
Bologna (insieme a Modena-Reggio Emilia, Ferrara, Parma, Cattolica di Milano, Cnr e Istituto nazionale di Fisica Nucleare) propone un progetto a tutto campo che spazia dal 3D alla sensoristica, dai big data alla logistica, con una cinquantina di aziende già selezionate.
In corsa anche Cagliari, con un progetto che guarda ai temi dell’Ict e delle telecomunicazioni (Huawey, non a caso, è tra i partner) e che vede il coinvolgimento di sette aziende.