Jean Pierre Mustier prepara il nuovo piano strategico di Unicredit e, dopo gli ultimi tre anni passati a ripulire i bilanci e a puntellarne il capitale, per i prossimi 4 anni si prepara a un’opera di trasformazione dei processi interni e a spingere sull’efficienza. In questo contesto spuntano indiscrezioni secondo cui il banchiere francese e i suoi più stretti collaboratori starebbero considerando un nuovo taglio al personale: stando a quanto riporta l’agenzia internazionale Bloomberg si tratterebbe di 10 mila nuovi esuberi. I numeri tuttavia potrebbero ancora subire mutazioni, il cantiere del nuovo piano, che sarà presentato a Londra il 3 dicembre, è ancora aperto e la banca si limita a uno stringato «no comment».
I tagli, secondo le ipotesi, coinvolgerebbero così l’11% degli 86 mila lavoratori del gruppo di cui 35 mila della Spa italiana. Nel contempo l’ad Mustier sarebbe orientato a ridurre fino al 10% anche gli altri costi operativi. In un contesto come quello attuale, secondo Mustier, la strategia non può fare esclusivamente perno su una crescita dei ricavi ma serve una moderazione nei costi, mantenendo un approccio al rischio disciplinato.
Il piano in costruzione si annuncia «in continuità con il precedente», come ha detto Mustier qualche giorno in un’intervista a questo giornale. Sarà cioè su basi organiche, senza – almeno in un primo tempo – acquisizioni in Europa, nonostante lo stillicidio di voci in tal senso. Ma in uno scenario che vede una crescita molto bassa e tassi destinati a restare deboli ancora a lungo, le alternative sono poche e si concentrano sui costi, dunque sul personale. I 10 mila di cui si vocifera corrispondono al turnover medio della banca in 4 anni, ma proseguirebbero la linea portata avanti con «Transform 2019» con cui Mustier aveva aggiunto a esuberi già deliberati in precedenza altre 6.500 eccedenze, portando il totale dei tagli a 14 mila entro quest’anno.
Finora il gruppo ha sempre gestito gli esuberi evitando impatti sociali ma cercando di condividere le soluzioni con le rappresentanze dei lavoratori. Le quali però, in questa occasione, sembrano aver perso la pazienza. Il più duro è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi: «Se queste indiscrezioni saranno confermate stavolta si fa a cazzotti e se serve useremo altro». È pronto al braccio di ferro, Sileoni. «Useremo tutto quello che serve: dallo sciopero, alla mobilitazione, al boicottaggio del nuovo contratto. Parliamo della seconda banca italiana, non possono pensare di fare il solito gioco di anticipare le cose per farci abituare a un’idea inaccettabile: non passeranno sulla testa di migliaia di lavoratori come se nulla fosse».
Con queste cifre, anche Massimo Masi, leader della Uilca, preannuncia una «battaglia durissima». In tal modo, dice, «diventa uno stillicidio ed è un dramma perché non si sa che tipo di banca sarà». La storia, spiega Masi, «rischia di finire davvero male, sono arrabbiatissimo perché così non si può andare avanti». Per la Fisac Cgil, i 10 mila esuberi di Unicredit «sarebbero un atto violento contro l’Italia e i lavoratori bancari», dice il numero uno, Giuliano Calcagni. «Il dottor Mustier deve sapere che contro quest’atto la Fisac farà le barricate e per lui sarà un nuovo Vietnam».
In Borsa il titolo non beneficia della notizia del possibile taglio, ma chiude in calo dello 0, 34%, a 11, 18 euro.