Un piano industriale che fa felice gli azionisti ma scatena le proteste dei sindacati: è quello triennale di Unicredit presentato ieri a Londra dal ceo Jean Pierre Mustier. Un piano al 2023 basato sulla creazione di valore per 16 miliardi — metà da distribuire ai soci in dividendi e riacquisto di azioni (2 miliardi), metà come crescita del patrimonio — ma anche su tagli al personale, 8 mila totali, di cui 5.500 in Italia che si aggiungono ai 500 ancora da eseguire del vecchio piano.
Mustier non ha confermato il numero degli esuberi in Italia ma dalle slide del piano «Team 23» emerge che ben 1,1 miliardi di costi di ristrutturazione su 1,4 totali saranno in Italia, dove verranno chiuse 450 filiali su 500 in tutto il gruppo. Tanto è bastato per scatenare già in mattinata, mentre Mustier parlava, le proteste dei sindacati. «Il piano industriale così com’è non può nemmeno essere preso in considerazione», tuona Lando Sileoni, leader della Fabi, il principale sindacato dei bancari che oggi tiene a Milano il consiglio nazionale in cui si discuterà anche del rinnovo del contratto collettivo in corso. Unicredit ha già tagliato 26 mila posti di lavoro dal 2007, ha ricordato Sileoni. In serata sono scesi in campo anche le confederazioni. «Il lavoro non può essere considerato una merce che si prende quando serve e si butta quando fa comodo. Questo non è fare impresa, è essere irresponsabili», ha detto Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. «Valorizzare gli azionisti e di svilire i lavoratori ha un respiro cortissimo», ha protestato Carmelo Barbagallo. Di «esuberi sproporzionati» parla la Fisac-Cgil, e di «schiaffo ai lavoratori» Riccardo Colombani (First Cisl), mentre per Massimo Masi (Uilca) «è un progetto senza visione industriale» e per Emilio Contrato (Unisin) è «nuova macelleria sociale».
Mustier non ha chiarito che di tipo esuberi si tratterà, se prepensionamenti, scivoli o uscite incentivate: «Continueremo a fare i tagli in modo socialmente responsabile», ha detto lasciando intendere che non ci saranno licenziamenti. Pronta a «intervenire nel caso in cui ci dovessero essere esuberi» si è detta Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro.
Perché una banca che promette 5 miliardi di utili debba ridurre il personale — oggi sono 86 mila i dipendenti — l’ha spiegato ieri Fabio Panetta, direttore generale della Banca d’Italia e candidato al board Bce: «Non conosco il piano, ma posso immaginare che stanno ristrutturando le attività come altre banche per rispondere allo choc tecnologico che colpisce l’intero settore». Non a caso gli investimenti in It saliranno del 17%.
Il risparmio di costi dal taglio del personale sarà pari a 1,2 miliardi di euro, mentre la banca avrà una redditività almeno dell’8% e utili a fine piano di 5 miliardi, nel 2023. L’utile netto per azione (eps) crescerà del 12% ogni anno nel periodo 2018-2023. Unicredit si gioverà anche di una aliquota fiscale «compresa tra 18 e 20%», spiega Unicredit. Circa i ricavi — puntando sulla banca commerciale, il sostegno alle imprese e una maggiore penetrazione in Germania — è previsto che crescano ogni anno dello 0,8% fino ad arrivare a 19,3 miliardi nel 2023. Numeri prudenti, costruiti sull’ipotesi che i tassi resteranno negativi. La ristrutturazione è comunque completata, lo si vede dai numeri sui crediti deteriorati: gli Npl lordi saranno meno di 20 miliardi a fine piano, 60 miliardi in meno rispetto al 2015, con un rapporto sui prestiti totali atteso al 3,8%.
Mustier ha escluso operazioni straordinarie: «Preferiamo i riacquisti di azioni alle fusioni e acquisizioni, potranno essere valutate solo piccole acquisizioni aggiuntive» nell’Est Europa, mentre Unicredit potrà uscire del tutto dalla Turchia (Yapi Kredi). Confermata l’avvio della «sub-holding, italiana e non quotata» per le attività estere del gruppo: una scelta tecnica, per risparmiare sul capitale richiesto dalle norme sulla risoluzione delle banche maggiori.