Siamo oggi tutti impegnati a lavorare insieme per fermare questa terribile epidemia, rispettando istituzioni e comunità, aiutando persone e imprese. Un impegno che non ammette diserzioni, perché «nessuno si salva da solo». E nessuno può essere lasciato indietro. Come abbiamo scritto nella lettera inviata assieme agli altri promotori (Vincenzo Boccia, Ettore Prandini, Francesco Starace, Mauro Gambetti, Catia Bastioli) ai firmatari del Manifesto di Assisi. Molte lezioni di questi giorni difficili non andranno dimenticate: la centralità della sanità e della ricerca, la necessità di rafforzare alcune politiche pubbliche, la rivalutazione del sistema agroalimentare e della distribuzione, il ruolo che possono svolgere lo smart-working e la formazione a distanza anche in futuro. Dobbiamo lavorare perché la necessaria ripresa della vita, nel nostro come in altri Paesi, sia orientata a valorizzare un’economia e una società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro. Uno dei paragrafi più importanti e coraggiosi della Laudato Sì afferma: «La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale». Un rischio che si corre anche di fronte alla tempesta del coronavirus. Esistono le condizioni perché questo non accada, perché con responsabilità e concretezza si imbocchi una strada nuova, perché «non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia». Per affrontare la sfida che ci attende oltre a un imponente intervento pubblico e ad un pieno coinvolgimento del terzo settore, serve una efficace partecipazione di persone e imprese allo sforzo comune. Impossibile senza un’opera di semplificazione e sburocratizzazione dello Stato. Proprio a partire dai settori più promettenti per l’economia, l’occupazione, la qualità della vita e delle produzioni: la riqualificazione del patrimonio edilizio e delle città, le fonti rinnovabili, l’economia circolare possono attivare intelligenze, tecnologie e ingenti risorse private. È stata di recente pubblicata una ricerca proveniente da accademici dell’Università di Oxford e della School of Enterprise and Environment che si basa sul più grande database al mondo di prodotti green riconosciuti a livello internazionale. L’Italia, assieme a Cina, Stati Uniti e Regno Unito, è tra i paesi che potrebbero «vincere alla grande nella transizione globale verso un’economia green nei prossimi decenni». L’Italia sarebbe addirittura prima come potenziale. A patto di mettere a frutto i suoi talenti e di considerare valori e culture più dei responsi delle agenzie di rating.