Tokyo ingoia davvero tutto e, come la balena di Pinocchio, nella sua pancia conserva cose strabilianti, difficili persino da immaginare». Le pagine che Laura Imai Messina ci regala nel suo bellissimo Tokyo tutto l’anno sono la mirabile chiave di accesso a questo luna park di città, sono il vocabolario emozionale per interpretare una capitale che è alto e basso, specchi e ombre, altissima e pop, modernità e tradizione. Quasi che tutto il mondo, tutte le epoche si fossero date appuntamento fra grattacieli e parchi (più del 36% della superficie della città è coperta da boschi).
La scrittrice, arrivata in Giappone per studiare, vive a Tokyo da più di 15 anni, è docente a contratto di lingua italiana in alcune delle più prestigiose università della capitale. «Tokyo non è tanto una metropoli quanto una narrazione plurale. Io, senza di voi, non sono nulla: è questo che insegna. Nella capitale dell’Estremo Occidente tutto è mescolanza. Nulla è definitivo», scrive l’autrice e, pagina dopo pagina, ci offre una quotidianità figlia di secoli, la lettura attenta di riti, miti e leggende, anche attraverso decine di kanji che dicono molto più delle semplici traduzioni perché «il giapponese è una lingua che pretende dedizione e, come l’amore, dà dipendenza».
Il libro, arricchito dalle preziose illustrazioni di Igort, è un atto d’amore, una Lonely Planet sentimentale, che stupisce riga dopo riga. Laura con il marito Ryōsuke e i figlioletti Sōsuke ed Emilio ammirano Tokyo dall’osservatorio del suo municipio con il Fuji che tutto protegge, attraversano Harajuku, Akihabara, Asakusa o Shinjuku, visitano santuari. Ci sono vie strette e remote, grandi centri commerciali e librerie sontuose. Tutto è a portata di mano e tutto ha senso perché desta meraviglia: la città conserva ancora fra sopraelevate e moderne stazioni ferroviarie un ultimo tram, quello della Toden Arakawa-sen.
Decine di musei
Ci sono decine di musei, a Ryōgoku il Museo dei materiali per fuochi d’artificio, a Nihon-bashi quello dei farmaci, a Waseda della tintura; nella zona di Setagaya esiste l’unico museo al mondo dedicato alle boule de neige, mentre a Kikukawa ne esiste uno che raccoglie biglietti da visita; a breve distanza dalla stazione di Morishita sorge il Museo delle chiavi e delle casseforti, e a Takao, ce n’è uno sull’arte dell’illusionismo.
Poi, la quotidianità della famiglia Imai Messina sono le tante feste di cui è punteggiato il calendario: quella dei bambini, quella della letteratura, dell’o-bon per i defunti, dei fiori. E non c’è solo l’hanami, ma anche, in autunno, il momiji gari, la caccia ai momiji, gli aceri che dipingono di rosso la città. Un florilegio di date in cui numeri e kanji acquisiscono una profondità infinita che la scrittrice svela regalando stupore simile a quello che, da stranieri, si prova quando i giapponesi ti impacchettano sotto gli occhi i souvenir: è uno show.
C’è tanta bellezza a Tokyo, e in questo libro: «La bellezza è del resto intrinsecamente legata al concetto di caducità nella cultura del Sol Levante, l’allegria alla malinconica tristezza nella contemplazione della fine. Tutto quanto vive e pulsa è destinato a terminare. Cogliere l’attimo presente, contemplare l’immanenza che già volge al tramonto è tutto quanto serve a essere coscienti, presenti a se stessi e alla vita che si ha a disposizione».
Assaporare gli attimi, gli orizzonti, i giorni come l’ultimo dell’anno, quando, in un tripudio di pietanze, conta pure la lunghezza dei men (i vermicelli) della soba: simboleggia l’auspicio di vivere a lungo conducendo un’esistenza tranquilla. Perché in Giappone la felicità è anche nella Costituzione, ed è un diritto (articolo 13).
*il Sole 24 Ore, 17 settembre 2020