Di quanto sia complicato al giorno d’oggi mettere d’accordo lavoro e famiglia ne sa qualcosa Aba Abate, moglie, madre (di due adolescenti) e lavoratrice. Sulla carta è una comune impiegata amministrativa del ministero degli Interni, nella pratica è in forze ai Servizi segreti italiani, un lavoro sotto copertura che non la solleva però dalle incombenze domestiche, familiari e di coppia.
È lei la protagonista di Una donna normale il nuovo romanzo di Roberto Costantini (Tripoli, Libia, 1952): un thriller che nasce dall’attualità degli attentati; dalle cronache degli sbarchi; dalle paure di chi parte e di chi accoglie; dalla voglia di raccontare come l’Italia e gli altri Paesi garantiscono da un lato le libertà individuali e dall’altro la sicurezza nazionale; dalla volontà, infine, di sapere come «ragionano» e operano al loro interno i servizi di intelligence, come si coordinano.
Il romanzo è — e resta — un’opera di fantasia, ma i ringraziamenti finali dell’autore — agli «amici che mi hanno consentito di descrivere con sufficiente realismo e qualche licenza di fiction l’ambiente in cui lavora la protagonista di questo romanzo» — lasciano intendere che ci muoviamo nei campi del credibile, del plausibile e del possibile.
«Non abbiamo mai avuto neanche un morto per un attentato islamico», dice uno dei personaggi all’inizio della storia riferendosi all’Italia: una constatazione che mette il lettore in uno stato emotivo di apprensione e inquietudine. Che stia per succedere anche da noi (nella finzione) qualcosa di terribile?
Per i Servizi Aba, nome in codice Ice, ha il compito di coordinare la rete di infiltrati nelle moschee: è brava, con i suoi canali scopre che è in arrivo in Italia un «little boy» ovvero un uomo bomba (dal nome che gli americani diedero all’atomica) pronto a farsi esplodere in qualche luogo affollato. Purtroppo l’informatore non è stato in grado di indicare dove, lungo la statale tra Piacenza e Milano, si trovi il covo segreto della base terroristica né chi sia il «little boy», di questo si sa solo che arriverà da lì a una settimana mescolandosi ai migranti che partono dalla Libia. È l’innesco narrativo perfetto: scatta un conto alla rovescia e insieme una caccia all’uomo.
Il primo obiettivo è fermare le partenze dalla Libia; significa prendere accordi con chi, più per profitto che per slancio umanitario, regola i flussi; funzionari con un prezzo e mercenari con un’etica; i soldi da soli non bastano: occorrono strategia, determinazione e prudenza. La persona giusta per condurre le trattative è Aba Abate.
Marito, figli e amici non sospettano nulla della seconda vita della donna, cioè non sospettano che esista Ice, il lettore è invece da subito partecipe di questo segreto.
Aba, addestrata all’efficienza, se la cava alla grande nella routine da spia e nella gestione della famiglia grazie alle notevoli capacità organizzative: è inflessibile e abituata a chiedere il massimo a sé, alla sua squadra e ai figli («Le cose belle nella vita bisogna meritarsele») e a non contare sulla collaborazione del marito che vive seguendo la legge del Re Leone «hakuna matata», ovvero senza darsi troppo pensiero delle cose. Ma ora l’urgenza di individuare e fermare presto un potenziale terrorista richiede ad Aba un impegno enorme, totale. Le sue giornate (il romanzo è scandito dai giorni della settimana) contemplano senza soluzione di continuità riunioni con capi, colleghi, collaboratori a turno schietti, infidi, arroganti e messaggi sul telefono per ricordare ai figli i compiti scolastici e alla colf cosa cucinare per pranzo o cena; viaggi improvvisi (in Libia, in Niger, a Lampedusa) per seguire l’evolversi dei fatti e la spesa al supermercato per una cena con gli amici; voli diretti con i Falcon 900 in dotazione ai Servizi e appuntamenti dal parrucchiere in un’escalation forsennata che sarebbe divertente se non fosse anche — e prima — drammatica.
Costantini, ingegnere, consulente aziendale, dirigente e docente della Luiss di Roma, ha familiarità con temi quali i processi decisionali, la capacità di comando e la negoziazione, che studia e insegna; l’esperienza maturata come romanziere — ha esordito nel 2011 con Tu sei il male (Marsilio) — gli permette di gestire con sicurezza una materia delicata e «calda» in un racconto dall’architettura complessa, con personaggi, soprattutto quelli legati alla sfera lavorativa, ricchi di sfaccettature e ombre; e con situazioni, in particolare il rapporto della madre con i figli, affrontate con sensibilità. L’autore usa ricchezza e varietà di toni, si concede anche divagazioni divertite: sul mercato editoriale (il marito di Aba vuole fare lo scrittore) e sulla lezione di Dostoevskij (nelle passeggiate notturne di Aba con la cagnolina Killer). La narrazione si svolge su tre piani: il racconto dei fatti, il vissuto in prima persona di Aba e il piano — espresso con il corsivo — del pensato, del non detto che crea un tono confidenziale, spesso di alleggerimento, che aumenta la complicità tra lettore e personaggio.
Nel romanzo la sicurezza nazionale e la tranquillità familiare implicheranno ciascuna scelte dolorose, necessarie, obbligate: purtroppo ottenere le condizioni migliori in un accordo, scoprirà Aba e il lettore con lei, può voler dire scegliere non il bene ma solo il male minore.
*Corriere della Sera, 22 gennaio 2020