Volevo scrivere una storia sul potere che hanno le parole: tutti noi siamo fatti di storie e dobbiamo imparare a raccontarci bene, perché come gli altri ci vedono dipende in gran parte anche da questo». Matteo Bussola il potere delle parole lo conosce bene: quando ha iniziato a raccontarsi su Facebook — la sua vita da padre di tre bambine piccole — era un fumettista, ex progettista edile con la passione per la scrittura. Poi i suoi racconti, piccole avventure casalinghe, lampi di vita vissuta, sono esplosi: oggi su Facebook ha quasi 130 mila follower, 100 mila in più che nel 2016, quando ha pubblicato il suo primo libro, nato da quel diario di un padre social.
Un «botto»: altri due libri, un programma alla radio, il successo. Ma Bussola non è tipo da fermarsi: tra pochi giorni, martedì 26, esce per Einaudi Stile libero L’invenzione di noi due. Che sulla carta è il libro numero quattro, in realtà è anche questo un nuovo inizio, e il segno tangibile di una sfida: lasciare l’autobiografia, il diario, i frammenti di vita e misurarsi con il mare aperto del romanzo, dell’invenzione, di una vicenda altra da sé.
La storia è una storia d’amore. Che sta per finire. Milo, 45 anni e dintorni, ieri aspirante architetto oggi cuoco in un ristorantino, e Nadia, scrittrice mancata, sposati e senza figli, sono in crisi. Milo lo sa, vede sua moglie allontanarsi ogni giorno di più, e decide di fare qualcosa: «Dovevo dare a Nadia l’occasione di tornare a vederci, a vedermi. Di ricominciare a immaginarci».
La storia di Milo e Nadia, anni prima, ha avuto una genesi strana: il loro amore è nato sui banchi di scuola, nel senso vero della parola. Al liceo, per una vicenda di incastri e turnazioni, condividevano lo stesso banco, uno la mattina e l’altro il pomeriggio. E su quel banco, scrivendo a matita, cominciano a parlarsi. Domande scritte un giorno e risposte che arrivano quello dopo. Senza mai vedersi in faccia. Una storia rimasta incompiuta che trova un finale anni dopo, durante una festa, quando i due ex liceali si ritrovano e capiscono, questa volta in presenza, di essere l’uno la metà dell’altra. L’amore, il matrimonio. I sogni mancati, la noia. Fino a che Milo non decide di dare una scossa e per farlo ritorna alle origini: scriverà a sua moglie, le parlerà d’amore, svelerà i suoi pensieri e la farà innamorare di nuovo. Ma sotto falso nome: Cristiano e Cyrano riuniti insieme negli stessi panni di un cuoco un po’ robusto, che ama il buon vino e i giri in motorino per le strade di Verona. Una scommessa, la promessa di riaccendere tutto da lì dove tutto ha avuto inizio. E un rischio: spingere il paradosso troppo oltre e costruirsi, da soli, il proprio rivale.
Si parla d’amore in questo libro, ma molto anche di scrittura. «L’idea del libro — racconta Bussola, che risponde dopo le tre e mezzo, perché al mattino le tre figlie fanno scuola a distanza — nasce da uno spunto autobiografico: quel ragazzo che scriveva sul banco ero io e con quella ragazza ci siamo davvero rivisti a una festa, anni dopo la fine della scuola, e riconosciuti. C’è stato un brivido, ma niente di più. Nel romanzo ho dato un seguito alla storia. Il primo capitolo l’avevo scritto tanto tempo fa, quando ero ancora architetto in Comune». Poi, naturalmente, l’autobiografia non è soltanto in questo, «del resto gli scrittori parlano sempre di loro stessi, anche nascosti dai loro personaggi. Qui c’è anche qualcosa del rapporto con la mia compagna, la scrittrice Paola Barbato: lei lavora molto di notte, io sono mattiniero. Spesso mi lascia dei messaggi che poi leggo al risveglio, molti sono comunicazioni pratiche, il pediatra, la spesa, ma altre volte ci siamo scritti cose importanti e chiariti attraverso la parola scritta». Milo è architetto, Matteo lo è stato, una vita fa: «L’ho fatto per otto anni, mi piaceva il mio lavoro: quello che immaginavo poi veniva costruito, un privilegio. Ma ho scelto di seguire un altro sogno». I fumetti, il boom su Facebook, il primo libro: «Ero uno che aveva dedicato tutta la sua vita al disegno a cui capita l’avventura di vedersi un libro pubblicato, questo ha successo e in qualche modo gli mangia la vita. Nessuno si ricordava più che ero un fumettista, poi una ragazza durante una presentazione mi dice “quando ti leggo mi sembra quasi di non leggere, perché disegni con le parole” e allora ho capito. Sono un raccontatore di storie: l’architettura, i fumetti, i libri, la radio, seguono tutti la stessa attitudine». Con L’invenzione di noi due, però, il racconto diventa l’essenza: «Volevo inventare, mettere quella distanza che solo la finzione può dare». Come per Milo, come per Nadia: la scrittura nasconde, e poi rivela.
Scrivere ciò che si conosce: Verona. «È la mia città, mi serviva muovermi in un ambiente familiare. Ed è anche la città dell’amore più iconico della lettura, quello di Romeo e Giulietta. Un amore che muore, nello stesso luogo ho voluto raccontare un amore che non si arrende». Inventare: uno «scrittore-padre» racconta una coppia senza figli: «Io e Paola siamo molto diversi, le differenze all’inizio hanno rischiato di dividerci, le nostre figlie ci hanno insegnato che possono cementarci. Milo e Nadia invece contano solo sulle loro forze. E poi volevo uscire un po’ dalla casella comoda dello scrittore-padre, non volevo fare della paternità un format». Questo libro viene pubblicato in un momento inimmaginabile, una pandemia: «Paola ed io, e altri scrittori come Alessia Gazzola, su richiesta stampiamo dediche personalizzate su carta adesiva, da attaccare sui nostri romanzi. Chi vuole può prenotarle e ritirare le copie firmate in libreria. Volevamo dare un segnale di sostegno ai librai. Ci hanno risposto in tanti e in questi giorni ci stiamo lavorando parecchio: ma un segnale non si dà solo a parole».
*Il Corriere della Sera, 23 Maggio 2020