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Il massimo della qualità, anche se «piccoli». Nell’agroalimentare non ci sono scuse, è in ballo la sopravvivenza di aziende storiche. E la strategia per ritagliarsi la propria fetta di mercato non può essere che pensare in grande, non temere la concorrenza delle multinazionali, curare la ricerca e lo sviluppo. E conta, soprattutto, il marchio, che dev’essere «sano», oltre che conosciuto.
Il tema sarà al centro dell’incontro «Agroalimentare: brand e qualità, un binomio vincente», ospitato all’interno di Make In Italy, in programma per oggi, sabato 9 giugno, alle 16,30, in sala consiliare. Dialogheranno quattro realtà venete, per la conduzione di Marco Colognese, coautore della guida «Venezie a Tavola».«La grossa sfida è posta dalla contrapposizione tra domanda e offerta nel settore – spiega Mirco Froncolati, portavoce Agroalimentare e ristorazione per la Cna di Vicenza, uno dei relatori della tavola rotonda -. Da un lato ci sono consumatori sempre più esigenti, dall’altro imprese tradizionali che devono adeguarsi ai tempi. E molte di loro l’hanno già fatto. Ciò ci dà la certezza che anche le piccole imprese sono in grado di garantire alti standard di qualità. Al di là della dimensione e del fatturato, un numero sempre maggiore di realtà cercano di migliorarsi, soprattutto per quanto riguarda le materie prime e il processo di conservazione».
È quanto hanno fatto alcuni dei brand che porteranno la loro case-history. C’è Castellan, caseificio di Rosà, prossimo al traguardo dei cinquant’anni. Il motto è ancora quello del fondatore, Urbano: «Fa’ puìto, che xè roba che a zente magna!», un invito a stare attenti anche ai dettagli, quando si tratta di cibo. Per loro la sfida è stata quella di produrre formaggi senza ricorrere a conservanti, ma essere comunque attrezzati per la grande distribuzione. Da Tribano arriva Berto’s, azienda che produce cucine per chef e che esporta in novanta Paesi. C’è anche ospite da fuori regione: Gianni Di Lella, executive chef de «La Bufala», locale di Maranello che ha «reinventato» la pizza. Infine, una realtà plurisecolare che ha risposto alla sfide del mercato con una fusione: si tratta del mulino Agugiaro di Curtarolo. Un’attività che esiste senza soluzione di continuità dal Seicento, con la stessa ragione sociale dalla metà dell’Ottocento. Nel 2003 il «matrimonio» con un altro mulino storico, il marchio Figna di Collecchio (Parma). A Thiene interverrà Riccardo Agugiaro, export manager dell’azienda, ora ribattezzata Agugiaro&Figna. «La fusione non è stata dettata da questioni di bilancio – spiega Giuseppe Vignato, responsabile marketing – ma per rafforzare il settore dello sviluppo. Negli ultimi anni abbiamo puntato su prodotti innovativi, siamo stati tra i primi a riproporre i grani antichi e a studiare miscele ottimali per la pizza. C’è grande attenzione anche alla macinatura, ogni passaggio è studiato per garantire una miglior resa e digeribilità».
*Corriere del Veneto, 5 giugno 2018