Questa volta a lasciare una federazione della Confindustria è l’azienda Marcegaglia. Il che ha del clamoroso visto che Emma Marcegaglia, al vertice del gruppo insieme al fratello Antonio, è stata presidente della confederazione di Viale dell’Astronomia dal 2008 al 2012. Due giorni fa Antonio Marcegaglia, presidente e ad del gruppo di famiglia, si è dimesso da socio della Federacciai, la federazione che riunisce le imprese dell’acciaio italiane.
Il gruppo continuerà, invece, a pagare le quote associative alle strutture territoriali. Esattamente il contrario di quanto ha fatto due mesi fa la Luxottica di Leonardo Del Vecchio che ha lasciato l’associazione territoriale ma non quella di categoria. Comunque l’ennesimo strappo nel sistema confindustriale che ha cominciato a scricchiolare nel 2011 con la decisione del più grande gruppo industriale italiano, la Fiat di Sergio Marchionne, di abbandonare, proprio quando ne era presidente Emma Marcegaglia, l’associazione delle imprese e costruirsi un nuovo sistema di relazioni industriali, con un suo, diverso da quello della Federmeccanica, contratto di lavoro.
«Dopo molti anni di partecipazione attiva in Federacciai sin dalla sua fondazione nel 1988 — scrive Marcegaglia nella lettera al presidente uscente di categoria Antonio Gozzi — la scelta di uscire è certamente molto sofferta e dolorosa, sia a livello personale che aziendale, vista la cultura fortemente associativa della nostra famiglia, che per i pluriennali rapporti personali coltivati».
Lo strappo di Marcegaglia — va detto — nasce dai dazi di Trump e da un dissenso all’interno di Federacciai sull’applicazione delle cosiddette “clausole di salvaguardia” in risposta al protezionismo statunitense, non da un problema con Confindustria in senso stretto. Tanto che nella lettera, Marcegaglia precisa che l’uscita dall’associazione di categoria «nulla ha a che fare con il prezioso lavoro di Confindustria nazionale e con la linea del presidente Vincenzo Boccia che continueremo a sostenere con forza e convinzione, confermando la partecipazione delle aziende del gruppo in tutte le sedi territoriali».
Ieri il presidente Gozzi ha detto che farà di tutto per ricomporre la frattura. La divisione è tra i produttori di acciaio e le industrie ( come il gruppo Marcegaglia) di trasformazione dell’acciaio. La linea che si è imposta in Federacciai è quella di introdurre quote per l’importazione di acciaio diverse da Paese a Paese sulla base del livello dell’importazione media negli ultimi tre anni, visto che parte della produzione bloccata dai dazi americani ( il 25 per cento) si riverserà in Europa. Marcegaglia chiedeva una quota globale, senza distinzione tra Paesi, scelta che avrebbe favorito i produttori più vicini all’Italia ( per esempio la Turchia rispetto alla Corea) e anche con prezzi più bassi, indipendentemente dalla qualità dell’acciaio.
Il “ caso Marcegaglia”, con tutta la sua specificità, conferma comunque le difficoltà di questa fase della Confindustria a rappresentare, attraverso le strutture di categorie e di territorio, gli opposti interessi degli associati. Ma soprattutto sembra sia ormai impossibile ricomporli. Così quando emerge un conflitto si va alla rottura totale: all’uscita dall’associazione ( a livelli diversi Luxottica, Marcegaglia, Fiat, ecc) o, come nel caso della contrastata fusione di Forlì-Cesena con Rimini, alle carte bollate.