La cattiva notizia – per il governo – è che il buco nei conti pubblici italiani si è allargato. La buona notizia sempre per il governo – è che l’Europa non chiederà una correzione immediata del deficit. In soldoni, la manovra bis può aspettare la formazione di un nuovo esecutivo, ma potrebbe essere più pesante del previsto, potrebbe sfondare i 5 miliardi rispetto ai 3,5 pubblicamente preventivati lo scorso novembre dalla Ue. Sono queste le indiscrezioni che circolano a Bruxelles a due giorni dalle attese previsioni economiche di primavera che saranno presentate giovedì alle 11 del mattino dal commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici. La Commissione Ue a novembre aveva deciso di chiedere all’Italia un risanamento nel 2018 pari allo 0,3% del Pil, poco più di 5 miliardi. Uno sconto significativo rispetto all’applicazione ortodossa delle regole europee, che avrebbero imposto una correzione doppia, pari allo 0,6% del Pil. Appena analizzata la finanziaria approvata dal governo in autunno, però, Bruxelles aveva subito notato che l’Italia probabilmente non sarebbe stata in grado di centrare il target. Moscovici aveva notato uno scostamento dello 0,2%: in parole povere, secondo il governo la manovra era capace di correggere i conti 2018 dello 0,3% richiesto, secondo Bruxelles invece lo avrebbe fatto solo dello 0,1%. Per questo per l’Europa all’appello mancavano 3,5 miliardi, che tuttavia Juncker aveva deciso di non chiedere subito per non interferire nella campagna elettorale. La resa dei conti, aveva spiegato la Commissione, sarebbe arrivata a maggio, ovvero in questi giorni.
E proprio dopodomani la Commissione pubblicherà i nuovi numeri sui partner Ue. Quanto all’Italia, noterà che il deficit strutturale del 2017 è migliorato. Fatto positivo, perché grazie a questo dato il rapporto sul debito ( previsto dall’articolo 126.3 del Trattato Ue) che arriverà a fine mese probabilmente sarà subito disinnescato, evitando al Paese una procedura per deficit eccessivo (commissariamento Ue della nostra economia). Tuttavia Bruxelles dovrebbe certificare ( il condizionale è d’obbligo visto che le bozze possono cambiare fino all’ultimo) un peggioramento del deficit strutturale dell’anno in corso: secondo i nuovi numeri sarà all’ 1,7% tanto nel 2017 quanto nel 2018. Il che significa che l’Italia è rimasta ferma. Nessuna correzione. Dunque il buco si allarga dallo 0,2% stimato a novembre allo 0,3% e la correzione necessaria per riportare il Paese nei parametri Ue ( e per far scendere l’enorme debito pubblico) sarà di oltre 5 miliardi. Questo dovrebbero dire i dati di giovedì prossimo.
Quindi il 23 maggio Bruxelles scriverà le sue raccomandazioni sull’economia italiana, in teoria l’occasione giusta per chiedere la manovra bis. Ma come spiegato da questo giornale sabato scorso, la Commissione probabilmente non espliciterà subito la richiesta, preferirà aspettare che in Italia ci sia un nuovo governo per non interferire nella dinamica politica post elettorale: vista l’incertezza politica a Roma, la richiesta probabilmente arriverà a luglio, se non in autunno quando la manovra bis verrebbe incorporata nella finanziaria per il 2019. Un allungamento dei tempi che però potrebbe modificare il quadro attuale: il nuovo governo dovrà notificare alla Ue i suoi programmi economici, che potrebbero cambiare le cose, e inoltre se nel frattempo Bruxelles ( come ha già fatto per la manovra bis del 2017) decidesse di calcolare la correzione non in base al criterio del deficit strutturale, ma applicando la nuova “ regola della spesa”, lo scostamento potrebbe variare, potrebbe essere minore o maggiore di qualche miliardo. Per il resto le previsioni economiche di Bruxelles dovrebbero certificare che il debito quest’anno si stabilizzerà intorno al 131%, così come la disoccupazione rimarrà tra il 10,6 e il 10,8%. Ma il dato principale (che si presta a una doppia lettura) sarà quello della crescita: la Commissione confermerà un’espansione dell’economia dell’ 1,5% tanto nel 2017 quanto nel 2018, segno di un Paese che cresce. Ma questo dato paragonato con le performance degli altri paesi europei ancora una volta confermerà che l’Italia resta il fanalino di coda dell’Unione europea, il Paese che cresce di meno.