La paura del virus, certo. Ma ancora di più la paura dei controlli. Il timore di rimanere impigliati in quella rete di verifiche che ormai è stata stesa negli aeroporti di mezzo mondo. E che una semplice febbriciattola, quando si viaggia può sempre capitare, si trasformi in quarantena. Magari in un Paese lontano, dopo un semplice scalo. È la sindrome da termoscan il vero granello di sabbia che in questi giorni sta bloccando chi deve partire. E anche gli ingranaggi di quella vera e propria industria nazionale che si chiama turismo.
Il catalogo delle disdette
Per farsi un’idea di quello che sta succedendo basta sfogliare il campionario delle disdette raccolte in queste ore dalla rete delle agenzie di viaggio. Una coppia di sposi ha annullato per maggio il viaggio di nozze in Brasile. Un’altra coppia lo ha cancellato per giugno, destinazione Caraibi. Una famiglia ha fatto retromarcia su un tour in Australia, programmato addirittura per agosto. Dalla Sicilia è stata cancellata una gita scolastica a Venezia con la motivazione, testuale, che «lì ci sono molti cinesi». Mentre non si contano le disdette verso il mare d’inverno, dalle Maldive a Zanzibar. Paura, sindrome da termoscan, psicosi. Resta il fatto che in questo momento non ci sono motivazioni reali per evitare queste destinazioni. Non c’è il cosiddetto «sconsiglio» del ministero degli Esteri. E chi cancella il viaggio perde i soldi, in tutto o in parte a seconda delle condizioni e del fatto che sia un viaggiatore fai da te oppure abbia scelto un tour operator.
Proprio da Astoi, l’associazione dei tour operator, parlano di «reazione psicologica» che fa da freno non solo agli spostamenti ma anche «al pensiero di prenotare una vacanza in estate».
Effetto Sanremo?
Suona come una battuta ma sembra che le cose stiano proprio così. Diversi operatori delle agenzie di viaggio segnalano un andamento strano nel numero delle disdette arrivate dall’Italia. Tre settimane fa c’è stato un picco. La settimana scorsa c’è stato un calo, un forte calo. Questa settimana sono tornate a crescere. Nella settimana di mezzo, quella «debole», c’era il Festival di Sanremo quando l’attenzione di mezza Italia era concentrata su argomenti più leggeri e del coronavirus si è parlato molto meno. Fantaspiegazione? «Purtroppo no» dice Ivana Jelinic, presidente di Fiavet, la Federazione italiana delle agenzie di viaggio. «È vero che in quella settimana c’è stato un netto calo delle disdette. Ed è ragionevole pensare che il motivo sia proprio quello: non si parlava del coronavirus perché si parlava di Sanremo e questo ha ridotto la psicosi».
Prenotazioni: -40%
Il dato certo è quello che riguarda la Cina, dopo lo stop ai voli deciso nei giorni scorsi dal governo italiano. Secondo Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, al momento mancano all’appello 500 mila turisti cinesi. Tanti erano stati tra gennaio e febbraio dell’anno scorso. Adesso sono a zero. E a zero potrebbero restare fino ad aprile, scadenza del blocco aereo se non ci saranno variazioni. Senza contare che quest’anno gli arrivi dovevano essere ancora di più. Non solo per la naturale tendenza del turismo cinese in Italia, che cresce a doppia cifra e per una volta ci fa essere primi in Europa. Ma anche perché il 2020 è l’anno della cultura e del turismo Italia-Cina. E c’è una miriade di eventi organizzati in tutto il Paese che avrebbe dovuto spingere le presenza ancora più in su e che invece adesso sono in bilico. A parte il numero zero alla voce Cina, le agenzie di viaggio hanno registrato un crollo del 40% delle prenotazioni dall’estero, soprattutto da Stati Uniti, Germania e Francia.
Fatturato a rischio
Per misurare l’effetto complessivo del coronavirus bisogna accontentarsi per forza di cose delle stime. Secondo l’istituto di ricerca Demoskopika, alla fine potrebbero essere cinque milioni i turisti che rinunceranno all’Italia per le loro vacanze. Se così andassero le cose, e naturalmente è ancora tutto da dimostrare, l’Italia pagherebbe un prezzo di ben 4,5 miliardi, circa il 5% del fatturato dell’intero settore turistico. Una batosta. Tre quarti del costo sarebbero concentrati in quattro regioni: Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia.
Le regole e i consigli
Cosa fare? Le uniche certezze sono quelle diffuse dall’Unità di crisi del ministero degli Esteri. Naturalmente evitare tutti i viaggi nella provincia dell’Hubei, quella di Wuhan, da dove è partito il contagio. Rimandare i viaggi non necessari in Cina. Evitare uno stretto contatto con le persone che hanno sintomi influenzali e lavare spesso le mani con il sapone. Se si manifestano sintomi di infezione respiratoria (tosse, febbre, difficoltà a respirare) chi è stato in Cina o è entrato in contatto con persone che hanno viaggiato in quella zona deve consultare un medico. Altre regole importanti non ci sono. Se non quella, apparentemente scontata, di mantenere la calma. Perché, come ha scritto il sociologo inglese William Davies nel suo formidabile saggio Stati nervosi, ormai «l’emotività ha conquistato il mondo».