È il primo passo della guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti.L’incubo che il Vecchio continente ha cercato fino all’ultimo di scacciare ieri è diventato realtà quando il segretario al Commercio americano, Wilbur Ross, ha annunciato l’entrata in vigore allo scoccare della mezzanotte dei dazi su acciaio ( 25%) e alluminio (10%) provenienti da Ue, Canada e Messico che così raggiungono la Cina nella lista dei cattivi di Donald Trump. «I prodotti in acciaio e alluminio che importiamo minacciano la nostra sicurezza nazionale », spiegava il presidente degli Stati Uniti. Tesi che l’Europa respinge tacciando, anche con Merkel, di «illegalità» la decisione della Casa Bianca. E ora scatteranno le ritorsioni preparate da Bruxelles nelle ultime settimane nella vana speranza di non doverle usare.
Potrebbe essere l’inizio dell’escalation che gli europei hanno fatto di tutto per evitare e che un mese fa era stata congelata dalla Casa Bianca per dare tempo ai negoziatori. «Ma non c’è stato niente da fare » , affermava sconsolata la responsabile Ue Cecilia Malstroem. E così l’Unione lancerà « contromisure » , come ha subito annunciato Jean- Claude Juncker: «Si tratta – ha spiegato il presidente della Commissione – di puro e ingiustificato protezionismo, gli Stati Uniti non ci lasciano altra scelta che difendere l’interesse dell’Ue » . Gli faceva eco l’Europarlamento con il suo presidente, Antonio Tajani: « Risponderemo con tutti gli strumenti disponibili » . Per la Malstroem, impegnata fino all’ultimo nel negoziato per scongiurare i dazi Usa, l’amministrazione Trump «ha usato la minaccia di restrizioni commerciali per ottenere concessioni dalla Ue, ma questo non è il modo con cui noi facciamo affari e di comportarsi tra amici » . Merkel ha reagito affermando che all’America First si risponde con un’Europa « ferma e unita » . Macron, come il canadese Trudeau, ha deplorato il passo di Washington e ha annunciato una telefonata a Trump.
Ora l’Europa passerà alle contromisure, studiate perché siano proporzionate e lascino la porta a un futuro accordo che eviti l’escalation. Ricorrerà alla Wto, magari con un maxi ricorso preparato insieme alle altre vittime dei dazi Usa. Inoltre scatteranno identici dazi su acciaio e alluminio e tasse aggiuntive su prodotti americani dal valore di 2,9 miliardi ( pari al danno inflitto alla Ue). Principalmente saranno colpite con tasse del 25% merci simbolo del Made in Usa – Harley- Davidson, Levi’s, Marlboro, succo d’arancia, burro d’arachidi e Bourbon – per lo più provenienti dagli stati che hanno votato in massa il tycoon. Scatta anche la clausola di salvaguardia per impedire che i prodotti siderurgici deviati dai dazi invadano il mercato Ue. Anche il Messico annuncia ritorsioni, come il Canada, che ha predisposto un pacchetto da 12,8 miliardi di dollari di contro dazi. Ma gli Usa sembrano non avere paura: « La rappresaglia Ue non avrà impatto significativo sulla nostra economia » , affermava Ross.
L’escalation la temono però gli europei, spaventati che si inneschi una spirale di ritorsioni che coinvolga altri prodotti. I tedeschi ( ma anche italiani e francesi) tremano per le auto, tanto che ieri Ue e Giappone hanno affermato che dazi a quattro ruote farebbero saltare il Wto. Pure l’Italia avrebbe molto da perdere ( da qui l’appello di Confindustria ad agire con cautela), con Coldiretti che ha stimato in 40,5 miliardi i danni per il nostro Paese in caso di conflitto commerciale su larga scala. Timori condivisi dai mercati: se Milano ha limitato le perdite allo 0,6%, Francoforte è caduta (- 1,4%). Non a caso Merkel, come altri leader, pur chiedendo la reazione Ue ha lanciato l’allarme, augurandosi che non si cada nella trappola escalation.