Giovanni Tria conserva la sua flemma ma questa volta non è difficile capire che è davvero fuori di sé. Il ministro dell’Economia del Paese dal quarto debito pubblico più vasto al mondo è furibondo, preoccupato, insospettito. E determinato ad andare fino in fondo, anche a costo di coinvolgere la Procura di Roma e avviare un’inchiesta interna al ministero per capire chi sabota e rema contro.
La fuga di notizie relative a un documento del Tesoro prima che fosse finalizzato è solo l’ultimo passaggio di una saga che non promette niente di buono. Il testo della lettera di risposta del governo alla Commissione europea sulla situazione dei conti, diffuso venerdì pomeriggio, non era nella versione finale. Era una bozza di lavoro annotata a mano dal ministro, un testo ad uso interno per arrivare a un messaggio che rassicurasse il più possibile Bruxelles. Doveva restare fra pochissime persone, invece lo hanno letto a migliaia.
Ministro, se si voleva evitare il rischio di una procedura europea contro l’Italia, non trova che questo episodio sia un clamoroso autogol?
«Non c’è nessun dubbio che danneggia il negoziato con la Commissione europea. Quel testo non era definitivo, era una bozza incompleta con varie opzioni aperte. Non era pensata per la pubblicazione, non sarebbe dovuta uscire».
Ha un sospetto su chi e perché lo abbia passato alla stampa?
«Non ne ho idea, ma è un fatto molto grave. Posso dire che fin da ieri pomeriggio (venerdì per chi legge, ndr) abbiamo depositato una denuncia alla Procura della Repubblica e avviato un’indagine interna al ministero. Cercheremo di vederci più chiaro».
M5S protesta perché quel testo prospetta la riduzione della spesa sociale nella frase sotto accusa: «Riteniamo che sarà possibile ridurre le proiezioni di spesa per le nuove politiche in materia di welfare nel periodo 2020-2022». Davvero volevate tagliare il welfare?
«Naturalmente no. Quella frase si riferisce al fatto che almeno per i primi due anni il tiraggio delle due misure chiave del governo — per il reddito di cittadinanza e probabilmente anche sulle pensioni anticipate a quota 100 — sarà inferiore a quanto già messo in bilancio. Sapevamo dall’inizio che sarebbe stato così, le stime sui costi erano ampiamente prudenziali. Dunque in quell’area ci sono più risorse di quanto richiesto dalle domande presentate dai cittadini. Nessuno ha mai pensato a ridurre le prestazioni sociali».
Già lunedì scorso lei ha iniziato a discutere il testo della lettera con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Ma l’accusano di voler procedere per conto suo, senza coordinarsi con il premier e con le forze di governo.
«Non è così. Come lei dice, con Conte abbiamo iniziato a discutere la risposta da mandare alla Commissione europea prima ancora che la lettera arrivasse ufficialmente. E ho un appoggio pieno e preventivo a portare avanti questo negoziato. Con il premier ci eravamo detti che io avrei contattato soprattutto la Lega sui contenuti della risposta da mandare a Bruxelles, mentre Conte doveva contattare i 5 Stelle».
I quali però l’accusano di giocare di sponda con i leghisti…
«Non è che io sia più vicino alla Lega o a qualcuno altro, come qualcuno ha detto. Questa era semplicemente l’intesa per portare avanti questo lavoro».
Laura Castelli, il suo viceministro espresso dai 5 Stelle, nella serata di venerdì si è detta sorpresa che lei stesso abbia smentito la validità del testo uscito poche ore prima perché — ha aggiusto Castelli — «anch’io avevo visto quella bozza con i tagli al welfare». Lo considera un attacco politico?
«Se Castelli aveva quel testo, non lo doveva avere. Quello era un documento riservato, una bozza di lavoro con i miei appunti annotati a mano in cui osservavo nei vari passaggi “questo sì”, “questo no”. La corretta linea istituzionale vuole che prima di tutto un testo consolidato vada al presidente del Consiglio e poi al resto del governo».
Resta lo spaccato di un governo sfibrato, diviso, una guerra per bande fatta di agguati nei ministeri chiave. Non trova che così sia più difficile rassicurare i mercati ed evitare la gabbia della procedura europea sui conti?
«Di sicuro, come ho detto, questo episodio danneggia il nostro negoziato. Ma il deficit di quest’anno si prospetta inferiore a quanto noi stessi avessimo preventivato nel Documento di economia e finanza, proprio perché dall’inizio siamo stati molto cauti nelle stime sui costi del reddito e di quota 100».
Può dire quali sono i nuovi obiettivi?
«Nel Def noi avevamo previsto un deficit per quest’anno al 2,4% del prodotto interno lordo, mentre la Commissione europea nelle sue previsioni di maggio indica il 2,5%. Ebbene, posso dire che il risultato finale del disavanzo sarà inferiore alle nostre stime del Def e sensibilmente inferiore a quanto previsto dalla Commissione».