Il seme del welfare piantato a Schio è diventato l’albero di Alessandro Rossi: «L’industria continui ad essere il motore dello sviluppo e non ci si chiuda nel sovranismo».
Tiziano Treu, giuslavorista e politico di lungo corso, sabato 23 marzo al Lanificio Conte ha raccontato con passione l’attualità dell’imprenditore scledense. Il momento di riflessione, favorito dal dialogo con il caporedattore del nostro Giornale Marino Smiderle, è stato organizzato dal Centro di cultura “Cardinal Elia Dalla Costa” guidato da Paola Allais per celebrare, con il Comune, il 200° dalla nascita dell’imprenditore.
«Che insegnamento trarre da 150 anni fa? Alessandro Rossi era una persona che guardava avanti – spiega Treu. Aveva capito quanto importante fosse studiare l’avanguardia tra Inghilterra, Svizzera e Belgio. Aveva capito che l’industria era il futuro e ha declinato tutto sul suo territorio. Anche nel mercato globale è necessario continuare a guardare avanti ed in giro per il mondo, andando oltre i segnali di chiusura. Si polemizza contro la globalizzazione, ma la chiusura sovranista è un guaio. Bisogna imitare Rossi nel cogliere le innovazioni positive. Era convinto che l’impresa fosse un driver dello sviluppo tecnico, economico e sociale. Dire che il progresso tecnico dovesse andare di pari passo a quello sociale è un’idea molto coraggiosa e che anche oggi si coltiva poco». Rossi aveva un’idea di benessere diffuso che, in gran parte, è stata persa: «Voleva che i suoi operai avessero i frutti della sua produzione – prosegue Treu. Addirittura devolveva parte del suo stipendio ai bisognosi. Ha introdotto una paga giusta, i premi di produzione, istruzione e sanità. Una traccia che si è persa nella storia. La sua figura si misuri su questo: come lui solo Olivetti e Ferrero».
Quale visione avrebbe avuto Rossi della globalizzazione? «Dicono fosse protezionista – ironizza Treu, incalzato da Smiderle che non ha risparmiato incursioni sull’attualità. La globalizzazione va regolata senza reticolati: nei prossimi anni avremo 200 milioni di persone che premeranno sull’Europa. Teniamoci cara l’Europa, anche contro l’invasione cinese. Il memorandum andava firmato? Mattarella ha messo dei paletti, non gli vendiamo “l’anima”. Un errore è stato muoversi da soli». E come vedrebbe Rossi, uno che a fine ‘800 fece quotare la sua impresa, il tessuto Vicentino che fatica ad aprirsi? E come declinare il welfare nella dimensione berica? «Ora si sta diffondendo l’idea che l’impresa sia un bene comune. Le piccole imprese con alta innovazione possono fare grandi cose se sanno mettersi in rete e gli strumenti ci sono. A portare avanti il welfare è giusto che sia la grande impresa, anche se oggi gli accordi in questo senso sono 40 mila in Italia»
Tra gli interventi in chiusura, Alvise Rossi di Schio ha ricordato l’opera benefica di Rossi a Massaua in Eritrea «valida anche come modello per ciò che accade oggi» ed il presidente del raggruppamento di Confindustria dell’Alto Vicentino, Pietro Sottoriva, che ha denunciato: «Se non troviamo tecnici, presto le nostre imprese si fermeranno, come possiamo farlo capire agli studenti?». La ricetta di Treu non è stata “elettorale”: «Bisogna investire nel collegamento tra scuola e mondo del lavoro».
*Il Giornale di Vicenza, 24 marzo 2019