«Se c’è ancora un problema di risorse aboliamo del tutto Quota 100». Mancano più di tre ore al vertice di maggioranza convocato a palazzo Chigi da Conte per mettere l’ultimo sigillo sul Decreto fiscale e sul Documento programmatico di bilancio (Dpb) che entro domani va spedito a Bruxelles e i renziani sganciano un nuovo siluro. Ad andare all’attacco è il vice capogruppo di Italia Viva alla Camera Luigi Marattin che chiede «lo stop totale» dell’anticipo pensionistico, «perché si tratta della politica più ingiusta degli ultimi 25 anni» mentre sarebbe meglio «rendere strutturale l’Ape» e magari «destinare i risparmi al bonus famiglie» richiesto anche dal Pd e che nel frattempo è sparito dai radar. I 5 Stelle con Nunzia Catalfo fanno subito muro, e dopo aver bocciato l’altro giorno l’ipotesi di allungare di 3 mesi le finestre d’uscita, il ministro del Lavoro torna a ripetere che «Quota 100 non si tocca. E’ una misura sperimentale che scade nel 2021 e come tale va portata a termine senza fare modifiche». Di fatto le due posizioni si elidono e così il tema del «ritocco» di Quota 100, per risparmiare 500 milioni in più nel 2020 come suggerisce il Pd resta sul tavolo.
L’affondo dell’esperto economico renziano va dritto al cuore del problema che il vertice notturno è chiamato ad affrontare: quello delle coperture. Lo schema della manovra da 29/30 miliardi (23 per cancellare le clausole Iva, 2,7 miliardi destinati al taglio del cuneo fiscale, 3,2 alle spese indifferibili) è quello noto, idem il livello di deficit (fissato al 2,2% per il 2020 contro il 2,04 di quest’anno). Sulla carta le risorse arriveranno da un aumento della flessibilità (14,4 miliardi), dalla lotta all’evasione (7,2), da una ripresa della spending review (1,8), dal taglio delle spese fiscali dannose per l’ambiente (1,8) e da altre voci non meglio definite (2). Ma tutto questo non basta, perché sul fronte entrate il decreto fiscale per ora garantisce poco più di 3 miliardi su 7.
Cosa si aspetta Bruxelles
Ma mentre i quattro partiti di maggioranza sgomitano per fare di tutto e di più, Conte e Gualtieri si trovano a fare i conti con una richiesta che per vie ufficiose è arrivata da Bruxelles. Che sarà pure diventata con noi più disponibile, ma nonostante questo si aspetta comunque «coperture credibili» preannunciando una analisi non scontata sul «Dpb». Arrivati alla stretta finale e con l’obiettivo di riuscire a convocare già questa sera la riunione del Consiglio dei ministri (ma non è escluso che tutto slitti a domani sera) ieri pomeriggio al Mef si è tenuta una lunga riunione presieduta dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, alla quale hanno preso parte i tecnici, i viceministri e i sottosegretari. L’obiettivo era definire gli ultimi dettagli da portare poi al tavolo politico convocato a sera inoltrata dal premier. Secondo fonti del Mef non dovrebbe essere difficile trovare soluzioni condivise. Al di là delle bordate di Marattin, del pressing di Di Maio e delle istanze del Pd, l’obiettivo di Conte e Gualtieri è quello di arrivare a un compromesso.
«No a nuove tasse»
Ieri il leader dei 5 Stelle ha messo di nuovo in chiaro che «il Movimento 5 Stelle non darà mai l’ok ad un aumento delle tasse», tornando ad insinuare il sospetto che invece il Pd voglia farlo. Ieri al Mef ad esempio si è tornati a parlare dell’aumento della tassa di concessione sulle sim aziendali, con un aggravio di 6-10 euro al mese per ogni dipendente. Proposta di nuovo respinta, come già era avvenuto a metà settimana. No anche all’idea di abbassare di fatto in maniera retroattiva (visto che le spese sono già state fatte) la soglia di detraibilità del 19% dall’Irpef per i redditi sopra i 110mila euro, e di intervenire sulla soglia dei 65mila euro a cui si applica la flat tax («Per noi non si tocca» ha detto Di Maio). Sul fronte della redistribuzione delle risorse qualche passo per rispondere alla varie richieste comunque era stato fatto ipotizzando in avvio di confronto un aumento sino a quota 3 miliardi dei fondi destinati al taglio del cuneo, in modo da assicurare un beneficio vicino agli 80 euro al mese per una platea anche più ampia degli attuali percettori del bonus renziano, una riorganizzazione progressiva dei fondi destinati alla famiglia in vista del varo dell’assegno unico, ed infine il progressivo superamento del super ticket. Se son rose…