I numeri ufficiali verranno resi noti oggi. Ma non c’è bisogno di aspettarli per capire quanto la seconda edizione di «Tempo di Libri», la fiera internazionale dell’editoria libraria che Milano ha fortemente voluto (con uno stucchevole strascico di polemiche contro il Salone di Torino, che di edizioni ne vanta 30, durato più di un anno), abbia funzionato.
Molto probabilmente la “carica dei centomila” visitatori (misura a spanne), sarà confermata: e saranno un terzo ,se non di più, di quelli dell’anno scorso a Rho Fiera. La mossa vincente è stata riportare in città (presso la Fiera storica) la manifestazione editoriale, più vicina ai lettori, e anche le date hanno influito. Proprio da questa considerazione parte Ricardo Franco Levi, il presidente dell’Associazione Italiana Editori, che organizza la rassegna in collaborazione con Fiera Milano. «La manifestazione ci è piaciuta e, in questi giorni, non abbiamo ancora la data esatta, ci sarà la prossima edizione della fiera». Per la verità Levi si lascia sfuggire anche la riconferma di Andrea Kerbaker, il saggista e bibliofilo (ma con un passato da manager culturale di tutto rispetto) chiamato quest’anno a dirigere la manifestazione.
Ovviamente si vedrà, ma certo, la grande paura è passata. Dopo tutto, Milano è una città nella quale l’offerta culturale non manca (e con presenze d’eccellenza in campo editoriale come Book City e Book Pride, la fiera dell’editoria indipendente che è ormai imminente) e molte cose vanno registrate. Gli operatori di un settore che intravvede la luce dopo il buio tunnel degli ultimi anni, sanno che manifestazioni di questa rilevanza vanno testate su periodi lunghi di assestamento, almeno 4-5 anni per entrare davvero a regime. «L’impostazione del programma ha funzionato», spiega Kerbaker, e quindi «anche nel 2019 a ogni giornata sarà dedicato un tema. La scelta degli argomenti la abbiamo condivisa con gli editori ed è stata utile da diversi punti di vista, anche per la pubblicità» dice Kerbaker. Forse sono mancati gli autori stranieri di grandissimo nome (assenti giustificati, per altro, Roddy Doyle e Luis Sepulveda, entrambi per problemi privati) ma sono solo alcuni meccanismi quelli che vanno oliati meglio. Da un rapido giro tra gli editori, per esempio, si registra il fastidio della chiusura in notturna. Kerbaker ammette: «Il 90% dell’offerta è giusta. Tra le cose da ripensare l’apertura serale, che per due giorni è stata alle 22: o chiudiamo prima o creiamo un happy hour per tutta la fiera». E probabilmente anche il prolungamento al lunedì forse non è così necessario. «Andrebbe fatta una riflessione per cercare di coinvolgere le istituzioni ad erogare dei buoni libro per i giovani da spendere qui in fiera»: ecco un progetto intelligente capace di parlare alla testa dei ragazzi e anche al portafoglio degli espositori.
Anche perché, forse, il dato delle vendite è quello che, per molti editori, resta una delle più importanti voci da rifinire. Si è venduto bene, ma non benissimo, per rifare il verso alla canzone, con punte, paradossalmente, per stand come quello del Libraccio (catena di librerie di vendita di libri usati) che la dicono lunga sull’editoria e sui gusti del pubblico. In ogni caso, «Milano ha parlato, ha detto la sua», chiude Levi. «Tempo di Libri non è un’opinione, è un fatto. È una festa riuscita. Ci ha portato fortuna l’inaugurazione nella giornata delle donne. Il nastro tagliato da una bambina è una delle belle immagini che mi porto dentro. Nella data della prossima edizione vorrei che ci fosse dentro la giornata della donna».
Si ripartirà da qui e dagli appuntamenti istituzionali che attendono l’editoria italiana nei prossimi anni. Infatti, a 35 anni dall’ultima volta, l’Italia sarà Paese ospite d’onore (Tempo di Libri, per altro, diversamente da Torino non ha un Paese ospite d’onore), nel 2023, della Fiera Internazionale del Libro di Francoforte, di gran lunga la più importante al mondo. Certo, bisognerà aspettare cinque anni ma la macchina organizzativa parte con grande anticipo (senza contare che l’editoria italiana sarà già a Mosca in veste ufficiale tra fine novembre e i primi di dicembre) e ieri c’è stato a Fieramilanocity un primo incontro tra gli organizzatori, alla presenza di Juergen Boos, direttore della Buchmesse di Francoforte e la responsabile della presenza dell’ospite d’onore, Simone Buhler. «Il contratto è stato firmato un mese fa dall’allora ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini», dice Levi. È stato già annunciato un gemellaggio con la Fiera del Libro di Francoforte, anche per rafforzare la dimensione internazionale di Tempo di Libri. «La Fiera di Francoforte risale al XIV secolo», ha spiegato Boos. È una fiera di diritti, e non di acquisti di libri, ospita 7mila espositori da oltre 100 Paesi, dei quali più di ? non sono tedeschi. Altri numeri, altra editoria. «Negli ultimi vent’anni i nostri Paesi ospiti d’onore hanno speso nei tre anni di organizzazione tra i 3 e i 20 milioni di euro», hanno detto Boos e Buhler. L’editoria italiana cercherà di farsi trovare pronta. I buoni segnali ci sono.