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Le Champions sono imprese fuori dal comune. Lo sappiamo dalla ricerca L’Economia-Italypost, che ha selezionato queste aziende partendo da parametri economici e finanziari di assoluto valore. Quello che ancora non sappiamo è «come» le Champions abbiano ottenuto risultati così importanti. Per provare a capire meglio ciò che si nasconde all’interno del cofano di queste fuoriserie, al Laboratorio manifattura digitale dell’Università di Padova abbiamo condotto una ricerca con questo obiettivo: avere un’idea più precisa di come le imprese stanno affrontando la rivoluzione digitale, in particolare quella del 4.0.
Motori di competitività
Come è stato evidenziato da diversi studi a livello nazionale e internazionale, la tecnologia è uno dei motori principali attraverso i quali le imprese costruiscono la propria competitività. Capire se, e come queste imprese stanno utilizzando le tecnologie legate a Industria 4.0 può da un lato fornirci informazioni utili per comprendere meglio le ragioni che conducono a risultati economici così significativi, dall’altro dare indicazioni concrete alle altre imprese sulla strada da seguire. Con la collaborazione di Italypost abbiamo intervistato, nel periodo tra settembre 2018 e gennaio 2019, 74 delle 500 Champions identificate nel 2018. I risultati sono sorprendenti. L’80% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare tecnologie 4.0. È una percentuale molto elevata, se paragonata con i risultati di altre indagini effettuate sul tema. I dati della ricerca che, come Laboratorio manifattura digitale abbiamo condotto sulle piccole e medie imprese manifatturiere del Nord Italia nel 2017, segnalano un tasso di diffusione medio del 18,6%.
I risultati della ricerca condotta dal ministero dello Sviluppo economico mettono invece in evidenza come il tasso di maggiore diffusione del 4.0 in Italia si abbia solo nelle grandi imprese (sopra i 250 dipendenti) e arrivi al 50%.
Ma non è solo il tasso di adozione ad essere rilevante, lo è anche l’intensità: secondo il nostro studio sui Champions il 72% delle imprese adotta da tre a più tecnologie 4.0. Un’intensità davvero molto importante se paragonata con la nostra precedente ricerca del 2017, nella quale solo il 29% delle imprese era arrivata a questi livelli di utilizzo.
Se entriamo nel dettaglio della tipologia di tecnologie adottate scopriamo che le imprese hanno puntato primariamente su cloud computing (65) e Big Data (58%). La robotica occupa la terza e quarta posizione: quella tradizionale con il 47%, quella innovativa con il 42%. L’Internet of Things (IoT) e la «manifattura additiva» (stampa 3D) sono utilizzate rispettivamente dal 37% e 35% delle imprese. Colpisce che una tecnologia come il laser cutting sia utilizzata solo dal 13%. Se, infatti, confrontiamo questo dato con quello dell’indagine del 2017 scopriamo che è molto più basso di quello delle pmi, che si attesta al 44,2%. Un segno del fatto che le aziende Champions non si occupano più soltanto di produrre, ma coordinano una rete complessa di fornitori, la gran parte dei quali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si spiega il forte ricorso a cloud computing e Big Data, che sono strumenti adeguati per organizzare il lavoro in rete. Proprio investendo in queste tecnologie, le imprese dimostrano di aver pienamente capito il valore del dato e della necessità di conservarlo e usarlo al meglio.
La grande attenzione che le Champions dedicano alla tecnologia non è improvvisata, viene da lontano. Se analizziamo gli investimenti che hanno caratterizzato la precedente rivoluzione tecnologica, quel la basata sulle Ict (Information and Communication Technologies), scopriamo che il 77% delle imprese ha un software gestionale di classe Erp, il 60% è presente sui social media, il 45% ha un Crm. Numeri davvero significativi se paragonati alla media delle altre aziende manifatturiere. Anche in termini di intensità la differenza è notevole: il 67% delle aziende Champions adotta più di cinque tecnologie Ict contemporaneamente.
Quali difficoltà hanno incontrato queste imprese nel processo di adozione del 4.0? Non quelle che ci si aspetterebbe. Le due principali sono: la lunghezza dei tempi di implementazione dei progetti e l’inadeguatezza dei propri sistemi informativi. Da un lato le imprese hanno capito che le tecnologie 4.0 non sono «plug and play», ma richiedono un processo di personalizzazione e adattamento alle caratteristiche di ogni azienda, secondo una logica più di progetto.
Dall’altro hanno scoperto che, pur avendo già investito molto in Ict, il 4.0 richiede un ulteriore aggiornamento della dotazione tecnologica. Sono aziende che con buona probabilità continueranno ad investire in futuro proprio per tenere il passo di un cambiamento tecnologico che hanno innescato. Le risorse finanziare non costituiscono per loro un limite all’investimento. Solo il 3% lo considera un problema. Una percentuale così bassa è spiegata anche dal fatto che tutte le imprese hanno fatto ricorso — o lo faranno a breve — a qualche forma di incentivo (dal piano 4.0 del prece dente governo agli incentivi regionali).
Esaltare il Made in Italy
L’idea che ci si potrebbe fare a questo punto è che queste imprese si stiano tra sformando in aziende hightech più vicine al mondo della Silicon Valley che a quello del Made in Italy.
Niente di più sbagliato. Fanno l’esatto opposto: utilizzano le tecnologie per esaltare le caratteristiche della manifattura italiana. Un esempio è Arredo 3, azienda specializzata nella produzione di cucine, che ha puntato sul 4.0 per essere in grado di offri re ai propri clienti un’elevata possibilità di personalizzazione del prodotto a costi ragionevoli. Ma non solo, per aiutare il cliente nel processo di scelta utilizza un casco per la realtà virtuale che lo fa «immergere» nel prodotto. Le Champions stanno traghettando il made in Italy dentro la quarta rivoluzione industriale, dando un forte segnale anche alle altre imprese che collaborano con loro all’interno delle filiere produttive. Una trasformazione importante che merita di essere incoraggiata e sostenuta.
*L’Economia 15 marzo 2019