Ieri il sindaco di Torino Chiara Appendino (M5S) era a Roma e ha visto il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Era un incontro aperto anche ad altri Comuni, per parlare del decreto sicurezza. E il sindaco, lasciando Palazzo Chigi, ha detto che non si è discusso di Tav. In realtà all’alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione qualche cenno si è fatto. Perché sta prendendo quota la mediazione interna al governo per realizzare l’opera, sebbene depotenziata, salvaguardando i rapporti tra i due azionisti della maggioranza: la Lega, favorevole al progetto, e il Movimento 5 Stelle, contrario.
L’ipotesi è di completare solo il tunnel di base della nuova linea, 57 chilometri per metà in territorio italiano e per metà in territorio francese. Lasciando perdere la realizzazione della nuova linea sul versante italiano e limitandosi a potenziare quella esistente. Un’operazione che consentirebbe di non bloccare i cantieri limitandone l’impatto ambientale. Ma soprattutto di risparmiare circa un miliardo di euro. Un tesoretto che potrebbe essere diviso a metà: 500 milioni servirebbero per far partire i lavori della seconda linea della metropolitana di Torino, e di questo ieri ha parlato Appendino con il presidente del consiglio. Gli altri 500 milioni verrebbero utilizzati per investimenti ancora da definire in Val di Susa. Potrebbe essere questa la via d’uscita che il governo potrebbe imboccare sulla Tav. Un compromesso dopo la bocciatura dell’analisi costi-benefici e i circa 3 miliardi di extra costi previsti dall’analisi giuridica, in arrivo al ministero delle Infrastrutture.
Qualsiasi modifica al progetto, in ogni caso, deve passare in Parlamento, visto che la Tav è regolata da un trattato internazionale. E in Parlamento potrebbero formarsi anche maggioranze diverse da quella tra Lega e Movimento 5 Stelle. Ne è consapevole il Pd che punta a presentare una mozione a sostegno della Tav in Senato, dove il margine della maggioranza è più stretto. La strada del referendum, invece, sembra più complicata. Per quello consultivo proposto da Sergio Chiamparino manca la legge regionale del Piemonte, che lo dovrebbe regolare. Il referendum propositivo, pure voluto dal governo, ancora non c’è. Ieri è poi arrivato lo stop del presidente della Camera Roberto Fico: «Avrei da dire se il Movimento appoggiasse il referendum perché è costituzionalmente contrario all’opera». E del premier Conte: «Non ha senso parlarne ora, sulla base di reazioni emotive». L’intenzione del governo è chiudere la mediazione prima delle Europee per non regalare all’opposizione un tema buono in campagna elettorale.