La Francia non è disposta a perdere denaro per aspettare l’esito dell’analisi costi-benefici realizzata in Italia sulla Torino- Lione. La ministra francese dei Trasporti, Elisabeth Borne, incontra Toninelli e chiarisce: « Lasceremo che l’Italia faccia le sue valutazioni tenendo ben presente la necessità di non perdere i finanziamenti Ue. Abbiamo riaffermato la volontà di rispettare i trattati internazionali. Credo sia così anche per l’Italia » . La dichiarazione è netta e chiarissima. Danilo Toninelli incontra Borne e poi lascia Bruxelles uscendo da una porta secondaria. Impedisce ai diplomatici della rappresentanza italiana all’Ue di partecipare all’incontro. E poi racconta la sua verità in un comunicato: « La ministra Borne ha concordato sull’idea che sia necessario rinviare la pubblicazione dei bandi di Telt per il tunnel di base, prevista entro dicembre. L’intesa con la Francia sul congelamento delle gare, fino al compimento dell’analisi costi benefici, sarà esaminata assieme alla Commissione Ue per non pregiudicare gli accordi internazionali».
In realtà Borne non ha mai accettato l’idea di congelare le gare per il tunnel di base. La ministra ha anzi dichiarato « la volontà di rispettare i trattati internazionali » che prevedono quel tunnel e che sono stati votati dal Parlamento italiano e controfirmati dal Presidente della Repubblica.
Che cosa significa la volontà francese di « non perdere i finanziamenti internazionali»? Il calcolo è presto fatto: se le gare di appalto del tunnel di base non partiranno entro dicembre, ogni mese di ritardo costerà 75 milioni, cioè 2,5 milioni al giorno. Cifra enorme. Come ci si arriva?
L’Unione europea ha garantito un finanziamento pari al 41 per cento dell’opera. Nel periodo 2015- 2019 questo significa che Bruxelles metterà 813 milioni sui circa 2 miliardi di opere previste. Quando, alla fine del prossimo anno, non venissero eseguiti lavori per 2 miliardi, come previsto dal cronoprogramma, Bruxelles verserebbe a Telt ( la società che realizza l’opera) una cifra proporzionalmente minore. La media dei finanziamenti mensili europei che si perderanno è di 75 milioni, equivalenti ad un ammontare complessivo di lavori di oltre 180 milioni.
Chi pagherà i 75 milioni mensili che non arriveranno da Bruxelles ? I comunicati ufficiali non lo dicono. Ma ieri sera i collaboratori di Borne da Parigi, fornivano una spiegazione illuminante: « Francia e Italia hanno convenuto di scambiarsi i risultati preliminari della valutazione costi-benefici, integrandola con le conseguenze previste dai loro impegni internazionali, in particolare per quanto riguarda gli impegni di finanziamento europeo » . Nell’incontro di ieri Toninelli ha dunque concesso di inserire nell’analisi costi- benefici italiana i maggiori costi derivanti dai ritardi causati dai tentennamenti di Roma. Di conseguenza quei maggiori costi li pagherà l’Italia.
Da notare che mai la ministra francese ha ipotizzato il blocco dell’opera. Nella sua dichiarazione ha anzi affermato che la Francia «ha riaffermato la volontà di rispettare i trattati internazionali». E ha anzi aggiunto che ritiene che «sia così anche per l’Italia». Frase impegnativa. I trattati internazionali sono quelli firmati dai governi di Roma e Parigi e dai rappresentanti dell’Ue che impegnano solennemente gli Stati a realizzare la Tav. Dire, come fa l’esponente del governo di Parigi, che anche l’Italia rispetterà i trattati, significa affermare che, al di là delle battaglie di facciata, il governo giallo- verde alla fine manterrà l’impegno sottoscritto dall’Italia nel 2015.
Quanto dureranno quelli che esponenti del centrosinistra come Piero Fassino chiamavano ieri « i giochi di prestigio del governo »? L’unica certezza è che dal 1° dicembre il “tassametro” dei mancati finanziamenti europei è destinato a salire. A meno che, come allude una frase del comunicato di Toninelli, l’Ue non sia disposta a concedere una dilazione. Ma non sembra esserci il clima giusto per sperarlo.