In attesa della replica di Bruxelles annunciata per mercoledì alla lettera inviata venerdì sera, dopo un duro scontro nella maggioranza, alla Commissione Ue dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, i tecnici del Governo cominciano a individuare i possibili serbatoi dai quali attingere le risorse necessarie per costruire la manovra autunnale da 30-35 miliardi. E continuano a escludere correzioni estive, in aggiunta al già previsto congelamento in via permanente per quest’anno dei 2 miliardi di tagli ai ministeri. Operazione complicata, soprattutto se il vagone della flat tax si aggiungerà a quelli già sui binari per comporre il lungo convoglio della legge di bilancio 2020 atteso a ottobre a un viaggio parlamentare tutto in salita: la sterilizzazione degli aumenti di Iva e accise da oltre 23 miliardi, il reperimento di 3-4 miliardi per le cosiddette spese indifferibili e la correzione minima per evitare un’ulteriore sfasatura del deficit strutturale. Il tutto legato all’incognita dalla partita con la Ue nuovi spaz i di flessibilità. Non manca tuttavia un punto di partenza che sarebbe rappresentato da una dote minima di almeno 12 miliardi.
Circa un terzo (4-5 miliardi) sarebbe garantito dalla potatura della giunga degli sconti fiscali, al netto della possibile riconfigurazione degli 80 euro (passaggio da “spesa” a detrazione fissa). Anche se nelle intenzioni della Lega sarebbe già ipotecato per coprire almeno in parte l’avvio a vasto raggio dell’operazione flat tax per le famiglie, che per il 2020 dovrebbe assorbire 10-12 miliardi.
Il prossimo anno altri 3-4 miliardi dovrebbero rimanere in cassa a consuntivo per effetto della minore spesa che verrà contabilizzata rispetto gli stanziamenti previsti dai due “fondoni” per reddito di cittadinanza e quota 100. Una fetta più o meno analoga di risorse verrebbe poi recuperata con la nuove fase di revisione della spesa comprimibile (citata nella lettera inviata a Bruxelles). Che, almeno in linea teorica, potrebbe interessare anche le uscite 2020 per reddito di cittadinanza e quota 100.
A dire il vero il Programma nazionale di riforma (Pnr) allegato al Def fissa a quota 2 miliardi i risparmi realizzabili il prossimo anno con la spending review, ma i tecnici del Governo stanno ragionando sulla possibilità di alzare l’asticella. Gli sforzi dovrebbero essere concentrati su due aree che valgono 37 miliardi: i «consumi intermedi» (12,7 miliardi) e le «altre uscite correnti» (24,2 miliardi). Della prima fanno parte, tra le varie voci, gli aggi per giochi e lotterie (2,5 miliardi) e le “commissioni” per la gestione del debito (1 miliardo). Nel capitolo «altre uscite correnti» campeggiano gli oltre 8 miliardi previsti per il reddito di cittadinanza e gli 8,3 miliardi per la prosecuzione di «quota 100».
Sul fronte degli sconti fiscali, i tecnici lavorano a un riordino a tutto campo. Lo schema che sta valutando la Lega per puntellare la flat tax parte dall’eliminazione di tutte le agevolazioni considerate datate e inutili o inefficaci. Tra le ipotesi c’è la possibilità di tagliare detrazioni e deduzioni per chi dichiara un reddito sopra un determinato limite, salvaguardando le detrazioni per mutui prima casa o gli sconti Irpef per lavori di ristrutturazione o riqualificazione energetica degli edifici. Ma sul tavolo ci sono anche altre opzioni come il ricorso a franchigie o nuovi tetti per gli sconti.
Un ulteriore serbatoio sarebbe poi rappresentato, come indica la stessa risposta del Governo alla Ue, dalle maggiori entrate fiscali, anche alimentate dagli incassi dalla lotta all’evasione. A questo proposito al Festival di Trento la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, confermando l’intenzione di bloccare in toto gli aumenti dell’Iva, ha sottolineato che nel primo trimestre ci sono stati «5 miliardi in più di entrate dello Stato rispetto al trimestre precedente» di cui «un miliardo e mezzo dalla fattura elettronica e il resto dalla lotta all’evasione» grazie anche al agli strumenti «inseriti nel decreto fiscale» collegato all’ultima manovra.
Ma la tensione nella maggioranza non scende. La battaglia sulla lettera alle Ue non è piaciuta affatto all’altro viceministro dell’Economia, il leghista Massimo Garavaglia: «Sono molto arrabbiato per quello che è successo – ha detto a Sky -, non esiste che il Mef possa essere messo in discussione in questo modo, e soprattutto in un momento molto delicato come questo».