La nuova Cdp, targata Lega e 5 Stelle, alzerà il sipario a fine novembre: quando verrà presentato il nuovo piano industriale. Sul tavolo ci sarà il possibile riassetto delle partecipate: tante le ipotesi, a cominciare dal suggestivo piano, a dir la verità per ora caldeggiato soltanto da alcune banche d’affari, di riunire le aziende statali industriali, cioè Fincantieri, Leonardo-Finmeccanica e Saipem.
In ogni caso l’indirizzo politico sembra abbastanza chiaro. «È necessaria una razionalizzazione delle partecipazioni – spiega a Il Sole 24 Ore Stefano Buffagni, deputato lombardo del Movimento 5 Stelle, collaboratore di fiducia di Luigi Di Maio su temi come appunto la Cassa Depositi e Prestiti e vicino pure al mondo Cariplo – . Ma sono i vertici di Cdp che seguono i dossier e decidono». Un indirizzo che sarebbe condiviso anche con gli esperti economici della Lega, come l’esponente del Carroccio Giancarlo Giorgetti, sempre vicino al mondo delle Fondazioni.
Ad oggi restano comunque molti gli interrogativi sull’assetto futuro della Cdp: a cominciare dalle partecipazioni che potrebbe detenere a valle per finire con la possibile riorganizzazione delle quote azionarie possedute tramite il braccio Cdp Equity e Fsi Investimenti.
Si tratta di scenari che si intrecciano appunto con il piano industriale, che il vertice della Cassa, guidato dal nuovo amministratore delegato Fabrizio Palermo, sta redigendo assieme a McKinsey, la multinazionale della consulenza che già in passato, con gli altri governi, aveva affiancato la Cdp e che è stata scelta come advisor dopo una gara.
Nel frattempo, tra le banche d’affari c’è un nuovo dossier che circola: cioè il riassetto delle partecipazioni di Cdp e il conferimento di qualche partecipazione del Tesoro. Se ne era già parlato con precedenti Governi, anche se con modalità differenti. Si tratterebbe di una riedizione, quindi rivista e aggiornata sulla base delle indicazioni dell’attuale Governo, del già noto piano Capricorn di Goldman Sachs, che si era ipotizzato ai tempi di Matteo Renzi.
Al momento non ci sarebbero discussioni concrete sul riassetto delle partecipazioni, tanto meno con il Ministero dell’Economia, impegnato in questa fase su altri temi. Ma ci sarebbero solo alcune ipotesi che sarebbero appunto sul tavolo di Palermo.
Ma quali potrebbero essere gli scenari, proposti da alcune banche d’affari?Una delle ipotesi sul tavolo è il trasferimento di qualche partecipata del Tesoro sotto l’ombrello della Cdp. Il piano in questo caso avrebbe un suo senso strategico: a finire sotto l’egida della Cassa dovrebbero essere le partecipazioni più industriali. Si parla ad esempio di Leonardo-Finmeccanica, di cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze possiede oltre il 30,2 per cento. Ma i riflettori sono anche su altre partecipazioni industriali come ad esempio Saipem, di cui Cdp Equity ha una partecipazione: non ha infatti molto senso che un pacchetto azionario di tipo industriale, come quello di Saipem, sia oggi collocato in un portafoglio come quello nato dall’ex-Fondo Strategico, assieme a partecipazioni come quelle nel turismo di Th Resorts ma anche, per via indiretta tramite Fsi Investimenti, del gruppo alberghiero Rocco Forte Hotel e del farmaceutico Kedrion. Oggi Saipem fa capo per il 13,5% a Cdp Equity e peril 30,4% ad Eni. «Avrebbe un significato industriale – spiegano fonti vicine alla Cassa – staccare una partecipazione come Saipem da altre che sono totalmente differenti come tipologia di business: ma al momento nulla è stato deciso».
L’ad Palermo avrebbe comunque ben presente il tema, visto il suo passato, dopo McKinsey, in Fincantieri, quindi in una delle maggiori realtà industriali italiane. Una delle opzioni, proposte da qualche consulente, sarebbe di utilizzare una sub-holding per riunire eventualmente tutte le partecipazioni industriali. Fincantieri fa capo ad esempio a Fintecna, controllata di Cdp.
La scelta di una sub-holding per riunire Fincantieri, Leonardo e Saipem avrebbe inoltre anche un suo significato finanziario. Il conferimento di partecipazioni del Tesoro direttamente a Cdp potrebbe infatti avere l’effetto di diluire le Fondazioni bancarie, eventualità che sarebbe scartata a priori. Di sicuro i due mesi che mancano al completamento del piano industriale di Cdp serviranno a chiarire la formula del riassetto, in condivisione con il Tesoro e il Governo. Se quindi sul fronte della riorganizzazione delle partecipazioni c’è ancora più di un interrogativo, sugli altri fronti le prime uscite pubbliche di Palermo sono state significative per comprendere la direzione di marcia del nuovo corso dopo l’era Costamagna-Gallia.
L’obiettivo è quello di una presenza più marcata di Cdp nei territori e di una spinta su infrastrutture e innovazione, con una regia comune nell’export tramite le due controllate Sace e Simest. Come già anticipato da Il Sole 24 Ore il 22 settembre scorso il modello da guardare è quello della “Banque des Territoires” che la Cdp francese ha lanciato a maggio per offrire una struttura unica ai suoi clienti sul territorio. Oggi intanto ci sarà un Cda che nominerà Cfo il manager Paolo Calcagnini, da anni in Cassa, e che affiderà l’incarico di direttore generale allo stesso Palermo.