Se il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, sventola come fosse bandiera di partito il decreto che dovrebbe portare la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, dietro le quinte le diplomazie sono al lavoro per trovare una soluzione che risulti meno dirompente. E in quest’ottica l’idea di ridisegnare l’azionariato di Aspi ridimensionando il ruolo di Atlantia è certamente quella al momento che raccoglie maggiore attenzione. Tassello chiave di questo schema è evidentemente il soggetto attorno a cui coagulare una nuova maggioranza che tenga le redini del concessionario autostradale. In questo senso, l’ipotesi attorno alla quale si starebbe ragionando chiamerebbe in causa F2i. Da capire, però, in che modo. Contattato in merito, il fondo infrastrutturale guidato da Renato Ravanelli ha risposto con un «no comment». Il dossier sarebbe però sul tavolo, almeno per essere approfondito. Anche perché, nel caso, va sciolto in tempi rapidi un primo nodo: F2i al momento non può mettere sul piatto risorse “proprie”. Il secondo fondo è esaurito da tempo, mentre il terzo (nel quale è confluito il primo) ha denari disponibili ma in misura limitata e di fatto già tutti veicolati su iniziative già avviate, come Ei Towers, il solare dell’Enel e Rtr. Ecco perché, fanno notare in ambienti finanziari, F2i avrebbe sostanzialmente due strade per portare a casa il risultato: potrebbe candidarsi come guida di una cordata capace di prendere una quota rilevante di Aspi oppure lanciare un quarto fondo. In proposito, va ricordato che quando Ravanelli promosse la terza iniziativa impiegò circa tre mesi per chiudere la raccolta. Certo oggi il clima che si respira attorno all’Italia non è quello di qualche tempo fa. Ma gli investitori esteri sanno essere pragmatici di fronte a un buon investimento.
È poi assai probabile che nel progetto vengano coinvolte anche le Fondazioni(Crt per esempio è già socia di Atlantia). L’idea, tra l’altro, secondo diversi osservatori, non dovrebbe incontrare la resistenza degli azionisti di minoranza di Aspi, più interessati a trovare una soluzione che porti l’azienda fuori dalla burrasca piuttosto che attenti all’assetto della compagine azionaria. Al riguardo, non va dimenticato che poco più di un anno fa il fondo cinese Silk Road e Allianz Capital Partners, veicolo partecipato da Allianz Group (74%), Edf Invest (20%) e DIF Infrastructure IV (6%), avevano acquistato poco meno del 12% di Aspi per 1,5 miliardi di euro. Valorizzando dunque l’intero asset circa 12,5 miliardi. Per mandare in minoranza Atlantia, dunque, F2i e soci dovrebbero acquistare almeno il 40% di Autostrade per un controvalore di circa 5 miliardi. La cifra è assai impegnativa. L’alternativa, per evitare un esborso così rotondo, potrebbe essere quella di prendere una quota tra il 10 e il 20% ma con precise garanzie di governance.
E i Benetton come potrebbero reagire a un simile riassetto? In una recente intervista a Il Sole 24 Ore, il ceo di Edizione, Marco Patuano a proposito di un possibile ingresso di Cdp in Aspi aveva dichiarato: «Per quanto riguarda Cdp, generalmente non la si considera come un investitore finanziario ma lo è. L’anno scorso il capitale di Autostrade è stato aperto a soggetti con un profilo simile a quello della Cassa e quindi prendiamo certo in considerazione un investitore con queste caratteristiche». Stesso discorso, probabilmente, vale per F2i.