Una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede già a metà marzo. Due ipotesi in testa: quella di un governo con alla guida il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri o un esecutivo istituzionale presieduto da Mario Draghi. Matteo Renzi si prepara alla battaglia. Ci vorrebbe una magia, per rimettere insieme un vestito ridotto a brandelli. Le parole che l’ex premier rivolge a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha giudicato “ingiustificata” l’assenza delle ministre di Italia Viva dal Consiglio dei ministri di ieri sera, suonano come l’inizio di una crisi di governo. La prova di una frattura che difficilmente si potrà ricomporre per permettere all’esecutivo di durare ancora tre anni. Non così. Non in questa forma.
Parla di un «lodo da azzeccagarbugli », l’ex segretario pd. Ricorda al presidente del Consiglio che non è un preside che può bacchettare due scolarette. Ripete: «Siamo alleati, non sudditi». E poi: «Se qualcuno ha in mente di fare senza di noi, di dar vita a una nuova maggioranza, faccia pure». «Se vogliono li aiuto — dice ai suoi mentre torna in treno a Firenze — l’ho detto a tutti quelli che mi hanno cercato dai 5 stelle e dal Pd. Quanti ve ne servono? Ve li do io. Se mi mandano all’opposizione mi fanno un favore. Così non devo più votare le loro cialtronate».
Renzi definisce l’atteggiamento di Conte «incommentabile». Non nasconde che il primo problema, per lui, sia la guida di questo governo. Rifiuta l’accusa di stare cercando spazio di manovra per le nomine delle partecipate in dirittura d’arrivo: «Me ne frego». Sostiene di aver offerto una mediazione, nei tavoli di lavoro sulla giustizia, che è stata rifiutata: lo stop della prescrizione dopo il secondo grado di giudizio.
Come si torna indietro dal ciglio del burrone è difficile dirlo. Perché almeno a parole dalla sua posizione sulla giustizia il leader di Italia Viva non intende recedere. E perché a questo punto è impossibile farlo anche per Conte e Pd. Così, nei ragionamenti svolti nelle riunioni ristrette, Renzi evoca solo tre scenari possibili. Il primo prevede quello che lui definisce un «premier rinsavito» che accetta un nuovo avanzamento sulla prescrizione, un accordo che tenga dentro anche Italia Viva. Ma la decisione di mettere il lodo Conte nel ddl sul processo penale presa ieri dal Consiglio dei ministri dimostra come ormai le cose siano andate troppo oltre perché una ricomposizione di questo tipo sia possibile. E fa dire all’ex premier che, a questo punto, la mozione di sfiducia che i suoi avevano in mente di presentare il 12 aprile, a condizioni invariate, sarà anticipata a metà marzo.
Il secondo scenario vede, davanti alla crisi economica, alla produzione industriale che scende, al rischio della recessione, il formarsi di un nuovo governo con alla guida Roberto Gualtieri. Ipotesi complicata, perché il Pd – che in questo momento rema ostinatamente nella stessa direzione di Conte dovrebbe spodestarlo per rimanere insieme a Italia Viva e portarsi dietro anche tutti i 5 stelle. La terza ipotesi è quella che Renzi definisce del caos: con Mario Draghi chiamato a fare il premier di un esecutivo di stampo istituzionale che tenga dentro anche il centrodestra (ancora ieri, davanti alla stampa estera, il leghista Giancarlo Giorgetti lodava l’ex presidente della Bce per quello che ha fatto da Francoforte per evitare una crisi sistemica anche in Italia).
Sono scenari complicati che scommettono sulla non sopravvivenza di Giuseppe Conte alla guida del governo. La previsione dei parlamentari di Italia Viva è che il Pd possa spaccarsi, che ci siano voti segreti in dissenso alla Camera. Ma non sarà semplice remare contro lo status quo, se davvero ci sono gruppi di ex berlusconiani pronti a dar vita a un gruppo parlamentare per sostenere Conte. Non possono farlo su un tema come la giustizia, questo scommettevano i renziani fino a poche ore fa. Ma l’approvazione della riforma del processo penale mira proprio a mettere un punto su questo tema e andare avanti. Con o senza il senatore di Firenze e chi deciderà di restare al suo fianco. L’unica certezza, dopo lo scontro più aspro da quando è nato il Conte bis, è che nessuno dei contendenti vuole le urne. E che Matteo Renzi farà di tutto per evitare che un nuovo bipolarismo cancelli il suo progetto dalla scena politica.