Il dado è tratto: la Nadef, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, approvata ieri dal Consiglio dei ministri, si impegna alla «completa disattivazione dell’aumento dell’Iva», come hanno preteso i renziani e Di Maio nella notte: di conseguenza le carte in tavola cambiano e le risorse diventano più scarse. A cominciare da quelle destinate alla riduzione del cuneo fiscale che sarà quest’anno di soli 2,7 miliardi invece dei 5 preventivati inizialmente dal governo che contava sul gettito di qualche «rimodulazione» delle aliquote Iva. L’obiettivo tuttavia è quello di aumentare gli stanziamenti nei prossimi tre anni: già nel 2021 ci saranno 5,4 miliardi.
La legge di Bilancio non potrà tuttavia volare altissimo: sarà un intervento in tutto di 29 miliardi soprattutto destinati alla sterilizzazione dell’Iva, alle spese indifferibili e alla riduzione del cuneo fiscale. Sul piano delle coperture lo sguardo del governo si è dovuto inevitabilmente rivolgere verso le altre partite ancora aggredibili che la Nadef, nelle sue oltre 100 pagine, svela: circa 12,6 miliardi di tagli che partono da 1,8 per la spending review; 1,8 sugli sgravi fiscali e sui sussidi ambientalmente dannosi, uniti a 1,8 miliardi da incassare con una imposta sostitutiva.
A questi si aggiunge la rilevante cifra attribuita dal governo alla lotta all’evasione fiscale: 7,2 miliardi che Di Maio ha intestato anche all’azione di un super- software. «Inaspriremo pene e sanzioni ai grandi evasori e faremo un grande patto con tutte le categorie produttive per incentivare la moneta elettronica senza penalizzare nessuno», ha detto il premier Giuseppe Conte ieri sera nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.
Il resto sarà flessibilità: circa 14,4 miliardi se la Commissione europea darà l’ok. «La manovra è solida ed espansiva, Bruxelles ci dirà di sì», ha detto il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Determinante anche l’effetto- spread dovuto alla maggiore fiducia dei mercati sull’Italia: «Sei miliardi — ha aggiunto il ministro — ma ci sono ancora enormi margini di miglioramento».
La cornice della manovra vede un deficit al 2,2 per cento: passa la linea del Tesoro che non sarebbe dovuto crescere più che nel 2019, ed infatti è allo stesso livello.
Il debito sale a causa della riclassificazione fatta da Eurostat: nel 2020 sarà del 135,2 per cento, circa 4 punti in più rispetto all’obiettivo fissato dal Def nell’aprile scorso. Resta comunque confermato il percorso di rientro che porterà il debito al 130,4 del Pil nel 2022. Sparisce invece la partita privatizzazioni: nel 2019 dai 18 miliardi si scende a zero e per il prossimo anno si conta, più realisticamente, di ricavare 3,6 miliardi.
Dalla manovra «un cambio di passo», ha detto ieri il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri. E l’economia italiana ne ha quanto mai bisogno: la Nadef riduce dallo 0,2 allo 0,1 la crescita del Pil di quest’anno, e per il prossimo punta allo 0,6 per cento tagliando le stime precedenti che erano ancora ancorate allo 0,8 per cento.
La relazione al Parlamento che accompagna la Nadef fornisce un quadro allarmato: «L’economia italiana presenta una crescita inferiore al potenziale» e definisce «inaccettabilmente elevati» i livelli di disoccupazione giovanili e femminili e quelli di diseguaglianza.