Nella scala di Standard & Poor’s il debito italiano riesce a mantenere la tripla B, e a tenersi a distanza di due scalini le categorie dei titoli più rischiosi. Ma le prospettive peggiorano con la frenata della crescita e le incognite politiche, e l’outlook si fa negativo.
Il giudizio di S&P arrivato nella tarda serata di ieri chiude il calendario 2018 delle revisioni dei rating italiani. E lo fa con una mossa negativa, ma solo a metà visto il contesto che fra le altre cose vede per l’Italia secondo l’agenzia un deficit 2019 al 2,7% che «soffocherà la ripresa», invece del 2,4% programmato dal governo e al centro ora della battaglia europea. Perché la replica di un declassamento a una settimana da quello arrivato venerdì scorso da Moody’s avrebbe contribuito ad alzare ancora di più la temperatura. In quest’ottica, e dopo l’ennesima giornata di saliscendi dei rendimenti e di polemiche fra Italia ed Europa, questa volta sulla rotta Roma-Francoforte, la conferma della BBB/A-2 non è certo esaltante, ma è migliore rispetto ad alcuni timori della vigilia. Anche perché va ricordato che Standard & Poor’s esattamente un anno fa aveva riconosciuto al debito italiano la sua prima promozione dal 1988, e un downgrade avrebbe rappresentato un’inversione di rotta ancora più brusca. In 12 mesi però è cambiato molto, e non solo il governo.
L’aumento deciso del ritmo di crescita che aveva spinto al rialzo il voto di S&P a ottobre 2017 è stato travolto dalla gelata del commercio mondialeche ha colpito l’export e dalle incognite di politica economica che dominano il dibattito. A salire ora è il deficit messo in calendario dalla manovra, in un programma agganciato a stime sul Pil in controtendenza netta rispetto a tendenziali e analisi degli osservatori mentre il rischio banche aumenta le incognite nel doppio collegamento con i Btp a bilancio e i bond da rifinanziare. Di qui il giudizio di Standard & Poor’s, che chiude l’estate-autunno dei rating italiani con due outlook passati da stabili a negativi (Fitch a fine agosto oltre a S&P di ieri) e un declassamento (quello di Moody’s).
Nella giornata segnata dall’attesa per la decisione di S&P il tema del rischio Italia sui mercati è rimasto, per una volta, sullo sfondo, in una seduta segnata dalla fortissima volatilità sui mercati azionari globali. Se è vero che al collocamento da 4 miliardi di CTz biennali e BTp decennali indicizzati all’inflazione europea c’è stato un netto rialzo dei rendimenti, saliti rispettivamente all’1,626% e al 2,34%, sul mercato secondario le quotazioni dei BTp non hanno registrato particolari scossoni muovendosi in linea con il resto del mercato globale. E sui titoli italiani arriva anche la notizia di una scommessa, anche se piccola, da parte di BlackRock. «Una piccola esposizione tattica rialzista», l’ha definita Marilyn Watson, head of global fundamental fixed-income strategy del gigante dell’asset management.
È stato invece sull’azionario che si sono viste le oscillazioni più marcate. Nell’ultima seduta di una settimana molto volatile, soprattutto a Wall Street, gli investitori hanno fatto i conti con gli ultimi segnali arrivati dalle trimestrali delle società quotate americane. In particolare quelli di due colossi del calibro di Amazon e Alphabet, rispettivamente seconda e quarta società quotata al mondo per capitalizzazione, che hanno annunciato ricavi sotto le attese. In un contesto di mercato molto negativo (nell’ultimo mese l’indice mondiale Msci World ha perso l’8%) i segnali di debolezza da parte delle aziende di punta del nuovo capitalismo Made in Usa hanno offerto ottimi pretesti ai ribassisti per continuare a vendere. È in questo di contesto di avversione al rischio che si inquadra la giornata movimentata delle Borse europee.
A giudicare dai saldi a fine seduta (-0,7% Milano, -0,94%Francoforte , -1,24% Parigi ) non si direbbe che sia andata così male. Se si osservano i grafici di giornata il quadro cambia: nel momento di massima tensione Milano è arrivata infatti a perdere l’1,8%, Francoforte il 2%, Parigi addirittura il 2,5 per cento. Insomma oscillazioni violente e tanta volatilità. Sui mercati europei e soprattutto a Wall Street dove l’indice Nasdaq è arrivato a perdere il 3,8% salvo poi ridurre il passivo sotto l’1 per cento.
Perché i mercati globali sono tornati ad essere instabili? Richard Ford – responsabile globale per il mercato del credito del team reddito fisso di Morgan Stanley Investment Management – ha le idee piuttosto chiare a riguardo: «Siamo ancora all’interno di una lunga fase di espansione economica – spiega a Il Sole 24 Ore – e gli investitori si chiedono quanto ancora potrà durare prima che si possa assistere ad un rallentamento dell’economia. Ci sono delle aspettative nel mercato per le quali una decelerazione degli Stati Uniti potrebbe arrivare nel 2020. Ma, a giudicare dalla frenata delle Borse, sembrerebbe che il mercato stia iniziando a mettere in conto tempi più stretti per la fine del ciclo. Il populismo, le tensioni geopolitiche e quelle sul commercio non fanno altro che favorire questa lettura negativa».