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Che le tecnologie e i social network abbiano mutato radicalmente, se non rivoluzionato, il modo, nonché l’idea stessa, di far politica, e ormai evidente in tutto il mondo. Ce ne rendiamo conto, nella veste di comuni cittadini, semplicemente rimanendo a osservare con un minimo d’interesse le vicende che accadono nel corso di una tornata elettorale – prima, durante e dopo l’election day – e dedicando particolare attenzione a ciò che avviene sulle piattaforme, sui siti web e sui profili social dei politici.
Notiamo, all’istante, nuove modalità di comunicazione politica generate dal succedersi frenetico di tweet e di dirette video che sono, poi, richiamate e rimbalzate dai media tradizionali: soprattutto quotidiani (cartacei e sul web) e televisioni. Rimaniamo basiti, al contempo, dall’annuncio di scandali mondiali che sembrano testimoniare la fragilità dell’ambiente digitale che si e venuto, nel corso dei decenni, a creare.
Si pensi, tra le tante, alle vicende ancora in parte oscure sorte attorno al caso Cambridge Analytica, ai sospetti d’interferenze russe nello svolgimento delle elezioni in altri Paesi (soprattutto in Nord America, nel Regno Unito e in Francia), alle frequenti accuse di volontaria e organizzata diffusione di informazioni false o di odio via Facebook, Twitter e in gruppi su WhatsApp – come in occasione delle recenti elezioni brasiliane che hanno visto vittorioso Jair Bolsonaro – o di attivazione, anche in Italia, di vere e proprie macchine del fango digitali allestite in pochi secondi per diffamare, senza pieta, oppositori o critici di una determinata forza politica.
Percepiamo, poi, nitidamente, l’importanza centrale che ha assunto l’algoritmo in politica e il ruolo indispensabile che rivestono, ormai, le analisi dei big data, le attività di profilazione e il trattamento automatizzato di enormi quantitativi di informazioni, al fine di recapitare agli utenti/elettori una serie di messaggi mirati e sempre più personalizzati.
Una simile tecnica di comunicazione, “confezionata” per essere pronta per la diffusione sui social network, si è ben presto rivelata la più adatta non solo per veicolare messaggi positivi, ma anche per diffondere contenuti estremisti.
La prima domanda che si pone, allora, l’appassionato di politica e di tecnologia e che cosa sia rimasto della politica tradizionale, quali elementi siano ormai stati spazzati via e, soprattutto, che cosa la tecnologia ci porterà di nuovo, tra la moda della blockchain e il sogno di un’intelligenza artificiale.
Di certo si percepisce tutt’attorno un timore diffuso: livelli d’odio, sui social network, molto alti e assai visibili, amplissima circolazione di notizie false (alimentata, tra l’altro, anche dai media nazionali e da profili istituzionali), disinteresse per l’intermediazione e, al contrario, corse frenetiche per ottenere un rapporto (digitale) diretto con il cittadino.
L’analisi delle tecnologie per il potere e dell’uso dei social network a fini politici e interessante non soltanto per i motivi – e i timori – indicati poco sopra, ma anche in un’ottica di sicurezza.
Diventa, infatti, un punto interpretativo – e pratico – essenziale da risolvere il come prepararsi a un ambiente cosi particolare, il come difendersi dagli attacchi (perché, come si vedrà, tutti sui social network diventiamo possibili bersagli), il come cercare di mutare lo status quo proponendo, e progettando, un uso etico e smart delle tecnologie anche in politica.
La politica, nel corso degli anni, ha gradualmente mutuato le tecniche, le strategie e le abitudini che le grandi piattaforme commerciali avevano già sperimentato per decenni.
Ciò ha richiesto, e richiede sempre di più, nuove competenze tecniche e di analisi dei dati che sono sempre rimaste ai margini della vita politica e che ora si sono, invece, collocate al centro del sistema.
Eppure, le tecnologie e le piattaforme sociali, per essere utilizzate proficuamente, richiedono non soltanto una conoscenza accurata dell’ambiente in cui ogni attività politica si svolge, ma anche una comprensione dei limiti – e di un possibile cattivo uso – delle risorse informatiche stesse, posto che la potenza di comunicazione che viene garantita oggi a ogni individuo e superiore a qualsiasi mezzo mai conosciuto nella storia dell’umanità.
La capacita che ha un uso scorretto delle tecnologie di alterare equilibri elettorali e democratici e provata, ed e da tempo sotto la lente di Stati, candidati, studiosi di comunicazione e di politica.
Vi può essere, però, un uso corretto, pacato e utile dei social network in politica, che si riallacci ad antichi valori al fine di recuperarli e sfruttarli al meglio in un nuovo quadro digitale.
Tale uso non può, oggi, prescindere da una conoscenza accurata e documentata dei principali aspetti tecnologici caratterizzanti l’ambiente politico nazionale e internazionale. Un approccio che, da un lato, non criminalizzi le tecnologie esistenti ma, dall’altro, non abbia neppure timore di denunciare le possibili storture e i pericoli di un sistema completamente nuovo.
L’uso dei social network in politica deve, oggi, mediare tra questi due aspetti: da una parte, la consapevolezza della potenza del mezzo (che può stimolare facilmente comportamenti censurabili) e, dall’altra, la necessita di individuare, anche in questo ambiente digitale, le innumerevoli e innovative possibilità di buona politica che le tecnologie oggi possono garantire.
*Estratto dal volume “Tecnologie per il potere. Come usare i social network in politica” di Giovanni Ziccardi, Raffaello Cortina Editore, 2019