Un nuovo inizio. È quello che ha cercato il sindacato con la manifestazione di ieri in piazza San Giovanni. Una manifestazione riuscita. La storica piazza della sinistra è stata riempita da Cgil, Cisl e Uil, tornate insieme lì dopo sei anni. Di mezzo c’è stato il governo Renzi, che ha segnato una cesura drammatica tra il sindacato, in particolare la Cgil, e il Pd. E poi c’è stato il voto alle Politiche del 4 marzo, con l’ascesa di due forze, il Movimento 5 Stelle e la Lega, che da un lato hanno mietuto importanti consensi tra gli stessi militanti sindacali e dall’altro hanno dato vita a un governo «del cambiamento» che non fa mistero della sua avversione ai dirigenti e agli apparati di Cgil, Cisl e Uil, accusati ora di non rappresentare gli interessi dei lavoratori, ora di conservare privilegi da vecchia casta. Indebolite da questa situazione, le tre confederazioni hanno unito le forze e risposto con un corteo molto partecipato, colorato da palloncini, cartelli e striscioni, che si è snodato da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni, con in testa i tre segretari generali, Maurizio Landini (Cgil), Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil). Un corteo fitto e una piazza occupata a maglie strette come non si vedeva da molti anni.
«Non solo c’è tanta gente, ma molta voglia di esserci: un fatto nuovo»,osservava Landini, continuamente interrotto dalle richieste di strette di mano e di selfie. «Oggi — ha aggiunto mentre arrivava in piazza San Giovanni — quella rottura che si era determinata già ben prima del 4 marzo tra chi lavora e la politica trova in questa piazza il luogo per ricomporsi e farsi rappresentare». Ora, dicono i tre leader nei loro comizi, bisogna partire da qui: «Noi siamo il cambiamento», esordisce Landini nel suo comizio, sfidando il governo. «Noi rappresentiamo 12 milioni di persone», dice più volte dal palco Furlan, riferendosi al complesso degli iscritti (lavoratori e pensionati) dichiarati dalle tre organizzazioni. «Uscite dalla realtà virtuale dei social e venite qui per vedere la vita vera», esclama in uno dei passaggi più applauditi del suo discorso la leader della Cisl, sfidando anche lei il governo.
«A chi va a incontrare quelli che protestano negli altri Paesi — aggiunge Landini, riferendosi a Di Maio che ha visto i gilet gialli francesi — dico che se ha un briciolo di intelligenza si deve confrontare con noi». I sindacati chiedono più investimenti per rilanciare la crescita; di non fermare le opere pubbliche (per questo alla manifestazione ha aderito anche la Confindustria Emilia- Romagna e in piazza c’erano rappresentanti delle imprese di Ravenna, contrarie al blocco delle trivelle); un fisco equo che non pesi in modo sproporzionato sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati; un intervento sulle pensioni a favore dei giovani e delle donne; correttivi al reddito di cittadinanza, perché la risposta alla mancanza di lavoro non può essere un sussidio, dicono Landini, Furlan e Barbagallo. Che avvertono: se il governo non aprirà un confronto, «la mobilitazione proseguirà». Nessuno di loro parla ancora di sciopero. Molto dipenderà dai segnali che verranno dall’esecutivo e dalle valutazioni che i sindacati faranno sulla partecipazione alla protesta di ieri.
La manifestazione di certo non ha fatto piacere al governo. Il premier, Giuseppe Conte, aveva inutilmente chiesto ai sindacati di non farla. Ieri il vicepremier Matteo Salvini, ha attaccato «la Cgil che rimase muta quando veniva approvata la legge Fornero e ora va in piazza quando è stata smontata». E l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha replicato a Furlan dicendo che «la realtà virtuale era quella dei governi precedenti che hanno sacrificato tutto sull’altare dell’austerity».
Secondo i sindacati, quella di ieri è stata «tra le più grandi manifestazioni degli ultimi decenni». Considerando la capienza della piazza, si possono stimare 150-200 mila presenze. Per quello che si è visto, un contributo è venuto anche dall’«effetto Landini». La naturale empatia del nuovo segretario della Cgil con la base del sindacato è apparsa evidente nel corteo. Cercato, salutato con cori che scandivano il suo nome, e acclamato dai suoi come una star, Landini si conferma un leader popolare come non se ne vedevano da molti anni nel sindacato. Ha creato tante aspettative e lo sa: «Questa piazza ci consegna una grande responsabilità». E sa anche che un eccesso di protagonismo farebbe saltare la ritrovata concordia fra Cgil, Cisl e Uil e l’ennesimo tentativo di costruire un sindacato unitario. Per questo, forse, ha chiuso il comizio dicendo: «Se la manifestazione è stata un successo, il merito non è mio, che sono segretario da qualche settimana, ma di Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo».