La Lega accetta (per ora) il modo nel quale M5S dipinge la realtà e ne emerge una rottura con anni di graduale controllo dei conti pubblici. Il governo con il secondo più alto debito d’Europa, quello che paga già gli interessi più alti dopo la Grecia, sta decidendo di aumentare decisamente il proprio il deficit nel 2019 per distribuire sussidi.
Forse alla lunga era inevitabile. Questa rivolta si consuma in un Paese nel quale al 10% delle famiglie che guadagnano meno è riservato l’1,8% della torta dei redditi; in altri termini, i meno abbienti in Italia oggi controllano una fetta di entrate pari a metà circa — in proporzione — di quanto accada in Francia, Germania, Svezia, Slovacchia o Ungheria. Forse era inevitabile, anche perché i leader di M5S vedono davanti a sé solo il fantasma della sconfitta alle europee e della fine delle loro carriere.
La domanda è se questa scommessa fondata su deficit e sussidi possa riuscire. I molti creditori del governo italiano, chiaramente, pensano di no. Ieri quando si è diffusa la voce di un accordo per appesantire ancora di più i conti pubblici, il mercato ha subito reagito: in venti minuti il prezzo dei titoli di Stato è crollato e i rendimenti sono saliti in verticale; stamani probabilmente la scivolata proseguirà e sarà interessante vedere se la Lega, in mezzo agli scossoni del mercato, terrà duro nel sostenere le proposte in deficit dei loro partner a 5 Stelle.
C’è poi un altro protagonista che non vede affatto nel deficit e nei sussidi la via di fuga dell’Italia dai suoi problemi. La Commissione Ue sarebbe disposta a discutere su un deficit poco sotto al 2% del Pil, che promette un calo visibile del debito nel 2019. Ma con un’accumulazione sempre maggiore di disavanzo di dimensioni maggiori, concluderebbe di avere davanti a sé una strada quasi inevitabile: respingere la legge di bilancio. Le regole in vigore dal 2012 permettono all’esecutivo di Bruxelles di scrivere subito a un governo e dargli due settimane per ridisegnare la manovra finanziaria, se questa devia in modo flagrante dalle regole europee. Con un obiettivo di deficit in aumento al 2,4% , sarebbe difficile evitare questo scenario sull’Italia.
In ottobre dovranno pronunciarsi anche le due maggiori agenzie di rating, prima S&P e poi Moody’s. Oltre al deficit, non dà scampo il modo in cui si è scritto il bilancio insultando e minacciando gli esperti del ministero dell’Economia. Ciò rende nuovi declassamenti del debito italiano praticamente certi mentre la soglia «junk» («spazzatura») è già vicinissima. L’Italia, a occhi chiusi, rischia di tornare nelle sabbie mobili che conosce anche troppo bene.