La provocazione dei senatori del Pd, urlanti come non si erano mai visti, ha avuto il suo effetto quando Mario Michele Giarrusso — capogruppo dei 5 Stelle nella Giunta per le Autorizzazioni — ha ceduto all’istinto primordiale dei grillini sussurrando davanti alle telecamere schierate tra le colonne seicentesche di Sant’Ivo alla Sapienza: «Il problema non è il nostro processo, siete voi che avete i genitori agli arresti domiciliari… Noi abbiamo difeso l’azione del governo nell’interesse dei cittadini, niente a che vedere con associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e truffa».
Poi in un crescendo ritmato — «onestà/onestà… buffone/ vergogna…», stavolta scandito dai contestatori dem — il grillino Giarrusso si è infilato senza timore in mezzo alle Forche caudine organizzate dai parlamentari più o meno renziani (in prima linea Davide Faraone, Simona Malpezzi, Teresa Bellanova, Franco Mirabelli e Laura Garavini mentre Valeria Fedeli si defilava) e ha fatto quello che non doveva fare: con un sorriso sornione, il senatore del M5S ha alzato i polsi e li ha incrociati per mimare le manette che si mettono agli arrestati, provocando tra l’altro la gioia dei fotografi ormai appagati dall’immagine del giorno.
Un solo scatto, quello delle manette ostentate da Giarrusso tra i senatori dem travestiti da grillini dei tempi d’oro, che sintetizza plasticamente il cortocircuito tra il processo negato per Matteo Salvini sul caso Diciotti e l’arresto dei genitori di Matteo Renzi per una presunta bancarotta fraudolenta. Un solo scatto che ha provocato pure un rimbrotto a scoppio ritardato di Luigi Di Maio: «Credo che a Giarrusso sia scappata un po’ di mano la situazione». Ma il leader del M5S non accetta l’idea veicolata dal Pd di una giustizia ad orologeria: «Matteo Renzi parla peggio di Berlusconi». Critico con Giarrusso anche il Guardasigilli Alfonso Bonafede: «Un senatore della Repubblica non deve permettersi di farlo». Ma c’è anche il consigliere regionale del Lazio Davide Barillari che twitta con soddisfazione il «clic» delle manette col simbolo del Pd.
L‘asse
Il Movimento ha votato con la Lega e Forza Italia. Tra un mese il caso Diciotti in Aula
È finita così la seduta della giunta del Senato che ha approvato (16 favorevoli e 6 contrari) la proposta per l’Aula del presidente Maurizio Gasparri (FI) di non procedere con il processo al vicepremier Salvini chiesto dal Tribunale di ministri di Catania per il trattenimento a bordo della nave Diciotti di 177 immigrati.
Favorevoli all’immunità sei grillini su 7 (Grazia D’Angelo aveva partorito da poche ore) che si sono allineati al responso della piattaforma Rousseau ma che, al netto dello show di Giarrusso, si sono allontanati con discrezione da Sant’Ivo alla Sapienza. Con loro hanno votato i 4 della Lega, i 4 di Forza Italia (compreso Gasparri), Balboni di FdI e Meinhard Durnwalder dell’Svp. Così i favorevoli al processo sono rimasti in 6: Cucca, Russomanno, Bonifazi, Ginetti del Pd, Grasso di Leu e l’ex grillino De Falco.
Guardasigilli critico
Il capo dei 5 Stelle bacchetta il senatore. E Bonafede: non deve permettersi di farlo
Entro un mese il voto in Aula («Avrei accettato qualsiasi verdetto», ha detto Salvini) dove i numeri dello scrutinio palese sono schiaccianti per mettere una pietra tombale sul processo contro il vicepremier per sequestro di persona. Gasparri è sicuro che la sua relazione «farà giurisprudenza». Silvio Berlusconi sottolinea che i grillini «sono solo attaccati alle poltrone che vogliono mantenere». Carlo Calenda punzecchia la linea del Pd («Su Salvini avrei lasciato libertà di voto») ma alla fine tra i dem ha prevalso la tentazione di imitare i grillini. Perché loro, come dice Laura Garavini, «urlavano onestà e ora si sono ridotti a fare il lacché di Salvini».