La petizione popolare non rientra certo tra le modalità canoniche di presenza e mobilitazione di un’organizzazione confindustriale. E’ uno strumento di democrazia diretta, tutelato peraltro dalla Carta Costituzionale, ma che viene usato prevalentemente da organizzazioni minori o da unioni spontanee di cittadini.
E dunque il fatto che la «potente» Federmeccanica si appresti a lanciare su chance.org una petizione dal titolo «Più Alternanza. Più Formazione» in prima battuta incuriosisce e subito però induce a riflettere. A spingere l’associazione presieduta da Alberto Dal Poz a raccogliere da domani le firme è il disinteresse del governo nei confronti dell’alternanza studio-lavoro e della formazione 4.0. La petizione è rivolta ai ministro Di Maio e Bussetti oltre che al premier Conte e chiede di «mantenere negli istituti tecnici e professionali 400 ore di alternanza studio-lavoro nel triennio», di «garantire alle scuole strumenti e dotazione finanziaria» e infine di «riconoscere il credito di imposta per le spese fatte dalle aziende per la formazione del personale per Industry 4.0».
Secondo Federmeccanica «la crescita del paese parte dalla crescita delle persone» e quindi non investire nella formazione è un errore di tipo strategico. Ma come mai gli imprenditori che una volta usavano disinvoltamente l’azione di lobby oggi fanno ricorso alle petizioni? Sicuramente un esempio vincente è stato quello di Torino e della raccolta firme pro-Tav avviata da Mino Giachino, più in generale però la mobilitazione dal basso dovrebbe servire a rompere il clima di isolamento che pesa sugli industriali. E dimostrare che attorno alle loro proposte c’è un consenso popolare che va al di là degli iscritti alla Federmeccanica o più in generale al sistema confindustriale. Si tratta di una sfida sul terreno della comunicazione, impegnativa perché è quello il campo dove il populismo si muove più a suo agio e quindi sarà interessante seguire il tentativo di Dal Poz e il suo esito.