In occasione della Settimana della scienza e dell’innovazione di Padova, la nostra rivista ha deciso di conoscere un po’ più da vicino i finalisti del Premio Galileo 2019 per la divulgazione scientifica, che da 13 anni seleziona i migliori libri di divulgazione scientifica pubblicati in Italia nel biennio precedente. Pubblichiamo l’intervista a Pietro Greco, giornalista scientifico e scrittore, autore del libro “Fisica per la pace. Tra scienza e impegno civile”, nella cinquina dei finalisti.
Dott. Greco, quest’anno ricorrono cinquant’anni da quando l’uomo mise piede sulla Luna (1969). Qual è stato il contributo di Edoardo Amaldi, al quale dedica ampio spazio nel suo libro, per la fisica spaziale?
Edoardo Amaldi, fisico molto attivo nel campo della fisica delle particelle, è stato forse il più grande “politico della scienza” in Italia e nel mondo.
In che senso un “politico della scienza”?
Edoardo Amaldi intuì che se l’Europa voleva avere un ruolo chiave nell’esplorazione dello spazio doveva agire in modo comune, unendo le proprie energie. Solo così, avrebbe potuto competere con le grandi potenze mondiali di allora, Stati Uniti e Unione Sovietica. Inoltre, ha contribuito in modo determinante alla creazione dell’Agenzia spaziale europea, l’ESA, grazie alla quale l’Europa ha acquisito un ruolo di primo piano sul fronte della ricerca in campo spaziale a livello globale.
Nel suo libro dedica un capitolo al Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP) di Trieste. Me ne parli.
L’ICTP fu fondato nel 1964 dal fisico teorico Paolo Budinich che, anche grazie al sostegno di Edoardo Amaldi, ebbe l’idea di restituire un’anima alla città di Trieste che, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, ne aveva perduta una. Budinich ritenne che la città di Trieste, essendo un importante crocevia a livello europeo, potesse rinascere e diventare un polo scientifico di livello internazionale.
Tra i fondatori dell’ICTP c’era anche un fisico pakistano.
Abdus Salam, unico islamico ad aver ottenuto il premio Nobel per la fisica (1979). Salam e Budinich decisero di fondare una scuola d’eccellenza, l’ICTP, con lo scopo di promuovere gli studi e le ricerche nel campo della fisica, in particolar modo accogliendo studenti e ricercatori dai paesi in via di sviluppo. Questi, terminato il periodo di studio o di ricerca presso l’Istituto, avrebbero fatto ritorno nei loro paesi di origine con un importante bagaglio di conoscenze e competenze.
Si tratta perciò di uno dei più importanti centri di ricerca a livello internazionale. Eppure, in Italia se ne parla poco. Perché?
Assolutamente. Si tratta della prima scuola di formazione scientifica al mondo di alta eccellenza delle Nazioni Unite. Se ne parla poco perché probabilmente noi italiani siamo un poco esterofili.
Esterofili?
Vede, l’ICTP è stato fondato in Italia, da un fisico italiano ed è stato finanziato quasi interamente dallo Stato italiano fino al 1994, quando ha iniziato a beneficiare di un supporto finanziario da parte dell’UNESCO. Pertanto, si tratta di un’idea nata e coltivata nel nostro Paese. Inoltre, l’ICTP non è stato solamente un polo d’eccellenza nella ricerca scientifica, ma anche un fattore d’integrazione tra i popoli. Infatti, l’Istituto è riuscito ad attrarre nel corso degli anni giovani scienziati da tutto il mondo.
Un altro esempio di come la fisica può unire i popoli?
Un’altra importante dimostrazione di come la fisica può essere un efficace ponte tra i paesi è il SESAME (Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East), in Giordania, che rappresenta forse l’unico luogo al mondo dove israeliani, palestinesi e iraniani collaborano ad un progetto comune. Il direttore del laboratorio, peraltro, è un italiano che si è formato a Trieste, proprio all’ICTP.
Torniamo al suo libro. Lei parla dell’“Appello agli europei” (Aufruf an die Europäer), pubblicato nel 1914 da Albert Einstein e Georg Friedrich Nicolai, dove i due scienziati auspicano la nascita degli Stati Uniti d’Europa. Oggi, in un’Europa quanto mai divisa sul piano politico, servirebbe un nuovo manifesto, magari scritto da scienziati e non da politici, che richiami all’unità dell’Europa?
La sua domanda mi dà l’occasione per parlarle di un convegno dedicato al fisico Carlo Bernardini, che si è tenuto il 6 maggio a Roma, presso il CNR.
Mi dica.
Il 6 maggio abbiamo ricordato nell’ambito di un convegno organizzato a Roma, presso il CNR, Carlo Bernardini, importante fisico italiano e uno dei principali sostenitori dell’uso civile dell’energia nucleare in Italia. Nel 2014, insieme con Bernardini e altri scienziati, abbiamo proposto un manifesto che si rifaceva sia a quello pubblicato da Einstein e Nicolai nel 1914 che a quello pubblicato in occasione del primo grande congresso dei fisici italiani che si tenne a Pisa, nel 1839. Mi piace pensare che gli scienziati di allora furono il “collante culturale” che favorì il processo di unificazione nazionale, dando un forte impulso alla ricerca scientifica degli anni a venire.
Oggi qual è il ruolo della comunità scientifica?
Il ruolo è lo stesso di allora. Oggi l’Europa è politicamente fragile. La comunità scientifica deve battersi per un’Europa più unita. I diversi Stati che insieme costituiscono l’Europa, individualmente avrebbero un peso di gran lunga inferiore alle grandi potenze, come Stati Uniti, Cina e Russia. Qualsiasi progetto che miri a provocare divisione e conflitti in Europa ci rende più deboli a livello globale.
Sembra che gli appelli lanciati dagli scienziati nel Novecento non ci abbiamo insegnato nulla?
L’11 ottobre 1986 Michail Gorbačëv, Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, incontrò il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan a Reykjavik, in Islanda, per discutere la riduzione dei missili nucleari a raggio intermedio istallati sul territorio europeo. In quell’occasione Gorbačëv chiese di accordarsi per eliminare tutte le armi nucleari allora presenti in Europa e Reagan fu sul punto di accettare l’accordo. Poi, probabilmente, i due furono consigliati dai loro esperti e si decise per la sola riduzione delle armi nucleari a raggio intermedio.
Poi cosa avvenne?
Ciò che avvenne lo sappiamo. Cadde l’Unione Sovietica e finì la Guerra Fredda. Tuttavia, alcuni anni dopo, in un’intervista, Gorbačëv affermò che nella decisione di eliminare tutte le armi nucleari presenti in Europa era rimasto influenzato anche dall’impegno civile dei tanti scienziati – tra i quali anche Einstein – che si erano battuti per la realizzazione della pace nel mondo. Questo è un esempio del contributo della fisica e, più in generale, della scienza alla realizzazione della pace nel mondo. I fisici che si sono battuti per la pace nel mondo hanno costruito nel dopoguerra una cultura pacifista che ha pervaso i decisori politici, scongiurando, probabilmente, il rischio di una nuova guerra nucleare.
*Scienza e Governo, 8 maggio 2019