Il conto per l’Unione europea è di 7,5 miliardi di dollari; quello per l’agroindustria italiana, stima la Coldiretti, potrebbe arrivare a un 1 miliardo. Sono i volumi di import che gli Stati Uniti potranno penalizzare con i dazi, come ha deciso ieri il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, risolvendo a favore della Boeing il ricorso per concorrenza sleale presentato nel 2004 contro Airbus. E’ una stangata senza precedenti, ma che era nell’aria. Le Borse europee hanno chiuso tutte al ribasso, prima ancora che arrivasse la notizia: Milano -2,87%, e Francoforte -2,7%; Londra, -3,2%; Parigi, -3,1%. Ma c’è allarme anche dall’altra parte dell’Atlantico.
Ora l’Amministrazione Trump dovrà decidere come modulare i prelievi alle dogane. In questi giorni prima il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, poi il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, hanno cercato di convincere Mike Pompeo ad alleggerire il carico sul made in Italy. Il Segretario di Stato, che oggi conclude la sua visita in Italia, non ha concesso alcuna apertura, anzi negli incontri a porte chiuse avrebbe replicato più o meno in questi termini: capisco il vostro problema, ma sul piano commerciale l’Europa ci tratta male, anzi malissimo. Nella conferenza stampa Pompeo ha semplicemente schivato il tema, elencando le priorità per gli Stati Uniti: Iran, Cina, Russia. Eppure, al suo fianco, Di Maio ha ricordato il possibile impatto delle tariffe: «Noi abbiamo molte aziende che sopravvivono grazie al loro export». A quanto risulta non è servito neanche il tentativo di far leva sulla politica o, come ha detto il ministro davanti ai giornalisti, sulla «relazione fondamentale con gli Usa che certamente non è basata solo sul commercio». Più tardi, in un’intervista a «SkyTg24» il Segretario di Stato ha detto: «La decisione del Wto è ciò che ci aspettavamo. Abbiamo lavorato con Ue e governo italiano per trovare la risposta giusta. E’ una questione seria. I sussidi ad Airbus erano in violazione delle regole del Wto e quindi faremo in modo di lavorare per sviluppare la nostra reazione».
Pompeo, in realtà, non ha grandi margini di intervento e si rimette alla linea dura fissata alla Casa Bianca da Robert Lightzer, rappresentante per il Commercio, con il sostegno di Wilbur Ross, segretario al Commercio. Sono i due consiglieri più ascoltati in materia da Trump. Questo team ha preparato da mesi la lista dei beni da colpire. Un primo blocco da quattro miliardi investirà il settore dell’aeronautica e i Paesi che partecipano al consorzio Airbus: Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. La componentistica di produzione italiana, quindi, non verrà sfiorata.
Coldiretti formula le prime stime, considerando che da Washington hanno fatto sapere che i dazi potrebbero salire anche fino al 100% del controvalore delle merci. Il mercato americano vale per il nostro alimentare circa 5,2 miliardi di dollari (dati Ice, 2018). Vino, liquori e spumanti coprono un fatturato di circa 2 miliardi; poi ci sono pasta, salumi, formaggi, olio di oliva, caffè, frutta in scatola e altro ancora. E se vino, pasta e olio dovrebbero essere risparmiati — secondo la lista dei prodotti diffusa dall’Ufficio del rappresentante al Commercio Usa — formaggi e prosciutto sarebbero colpiti da tariffe all’import del 25%: e vendite di prodotti dop come Parmigiano Reggiano e Grana potrebbero crollare.
C’è una via d’uscita? Le trattative commerciali sono competenza esclusiva di Bruxelles. La Commissaria uscente, Cecilia Malmström osserva: «Se gli Usa impongono i dazi, l’Unione europea sarà pronta a rispondere. Ma siamo disponibili a trovare un accordo equo». Toccherà all’irlandese Phil Hogan, successore di Malmoström, rilanciare una trattativa finora complicata dalla richiesta americana: aprite i vostri supermercati alla nostra agricoltura, al nostro cibo.
Un’opportunità interessante potrebbe arrivare all’inizio del prossimo anno, quando sempre il Wto dovrà stabilire se sanzionare anche la Boeing, destinataria di finanziamenti pubblici per 19 miliardi di dollari. A quel punto potrebbero essere gli europei a poter imporre dazi agli Stati Uniti. Oppure potrebbe maturare, finalmente, un’intesa: disarmo bilaterale, via tutte le tariffe.