Se c’è una cosa che il Covid ci ha fatto riscoprire, è l’importanza dell’attività all’aria aperta. La crisi pandemica ha rimodulato le nostre richieste e abitudini, portando ad una vera e propria esplosione del turismo outdoor. È in quest’ottica che va letta la resilienza del Calzaturificio Scarpa.
Fondata nel 1938 da un lord inglese, l’azienda è passata nelle mani della famiglia Parisotto nel secondo dopoguerra, quando era sull’orlo della bancarotta. È sotto la loro guida che si è evoluta fino a diventare una vera e propria autorità nel mondo delle calzature per gli sport di montagna, e non solo in Italia. Allargato il focus ai mercati internazionali già verso la fine degli anni Sessanta, oggi raggiunge con i suoi prodotti ben 55 Paesi, ha sedi in Cina, Stati Uniti, Germania, Serbia e Romania e realizza oltre l’80% dei suoi ricavi all’estero.
Come ci spiega il Presidente Sandro Parisotto, a causa della “legge dei codici Ateco” l’azienda ha subìto un fermo di circa 80 giorni, che ha portato ad un calo tra il 20% e il 30% della produzione, recuperato solamente in parte in estate. Tuttavia, la forte ripresa degli ordini nel secondo semestre ha permesso al giro d’affari di superare del 3% il 2019, a quasi 110 milioni di euro, nonostante le difficoltà del mondo invernale. Questo risultato, insieme ad un primo trimestre del 2021 in cui continua il trend di domanda per l’outdoor, permette all’azienda di tenere nel mirino l’obiettivo dei 150 milioni, con un arco temporale leggermente rivisto per la pandemia.
Per supportare la crescita, forte anche di una posizione di indebitamento di soli 3 milioni di euro, Scarpa punterà su due fattori: innovazione e sostenibilità. Elementi che non sono in contrapposizione, bensì in sinergia: per far fronte alla richiesta sempre maggiore di prodotti sostenibili, le risorse del gruppo saranno destinate alla ricerca di materiali che permettano non solo di proporre soluzioni sempre più all’avanguardia, ma anche a basso impatto ambientale. Una direzione in cui sono stati mossi dei passi importanti già nel 2020, con l’istruzione del personale italiano sul tema e la formazione di un gruppo di sedici specialisti, oltre all’utilizzo in maggior parte di energie rinnovabili certificate per la produzione.