Alcune cose le sappiamo: il mondo non è più quello eurocentrico definitivamente cancellato dalla Prima guerra mondiale, non è più nemmeno quello unipolare che all’indomani della caduta del Muro di Berlino celebrava l’unica superpotenza America, e non è ancora lo specchio di una Cina trionfante sull’onda della sua crescita economica e militare. Ma se tutto questo ci è chiaro, se comprendiamo di vivere una transizione epocale, siamo per caso in grado di prevedere quali conseguenze ci prepara il «nuovo ordine» ormai alle porte? Abbiamo la volontà di studiare e di capire, abbiamo la capacità di distaccarci dal teatro politico che ci è più vicino e che spesso ci impedisce di guardare lontano?
Sono, questi, interrogativi cruciali del nostro tempo, confini che in un futuro assai prossimo separeranno, al di là della diversità di opinione, coloro che hanno voluto capire quando erano ancora in tempo e quanti invece ci avranno rinunciato. Chi vuole appartenere alla prima di queste categorie non deve rinunciare a leggere l’ultimo libro di Danilo Taino, inviato speciale e di commentatore del «Corriere»: Scacco all’Europa (Solferino).
Non deve rinunciare perché l’autore pone esattamente i quesiti che la transizione globale in corso suggerisce, e non esita a fornire risposte talvolta opinabili ma sempre ottimamente documentate, verificate nei luoghi determinanti, degne di una inchiesta politica e strategica destinata a coinvolgere il lettore dalla prima all’ultima pagina. Taino si chiede, soprattutto, se l’Europa sia in grado di interpretare le strategie di Pechino, se sia chiaro a Bruxelles e alle capitali nazionali che dietro le acquisizioni di imprese, dietro le pratiche commerciali sovvenzionate, dietro la tanto celebrata «nuova Via della Seta», la Cina di Xi Jinping punti a una massiccia espansione geopolitica. Tanto massiccia da trasformare un giorno l’Europa nella propaggine occidentale di una Eurasia modellata da Pechino.
Danilo Taino scrive di «guerra fredda tra Cina e Usa per il nuovo ordine mondiale», sottolineando implicitamente non soltanto l’impetuosa espansione dell’ex Impero di Mezzo, ma anche il declino relativo dell’Occidente. Il nostro sarà dunque il secolo della Cina, come il Novecento è stato il secolo americano? E l’Europa, con le sue crisi e le sue debolezze, sarà in grado di essere protagonista del proprio futuro? Il lavoro di Taino stimola la riflessione e la ricerca, e i lettori più attenti ritroveranno nelle sue pagine l’eco di una pubblicistica non più rara in Europa, ma rarissima in Italia, che ipotizza un mondo controllato dal triangolo Usa-Cina-Russia. Con alcune peculiarità: che la Russia ne farà parte soltanto per la sua potenza nucleare e perché le sanzioni occidentali l’hanno spinta nelle braccia della Cina, e che all’interno del cosiddetto G3 la competizione tra i soci non avrà e non potrà avere tregua. Sulla Cina in particolare, l’autore non ha dubbi: con le strade, le ferrovie, i porti, gli aeroporti, le centrali elettriche, i gasdotti e gli oleodotti, Pechino sta costruendo la base logistica del «suo» nuovo ordine in Asia, in Africa e in Europa. E per raccontare come si muove questo enorme ragno geopolitico Taino ci porta da Singapore a Hong Kong, da Kuala Lumpur a Nuova Delhi, dall’Egitto a Duisburg.
Sì, Duisburg. Il grande porto fluviale della Ruhr, in Germania, nel cuore geografico e industriale dell’Europa. Perché proprio lì, e non per esempio a Berlino? Perché i cinesi hanno deciso (come ora tentano di fare in Italia con Trieste) che quello era il loro centro logistico ideale, con il porto, con la ferrovia, con i capannoni, insomma un trampolino di penetrazione perfetto per raggiungere il resto del continente. E i tedeschi hanno impiegato un po’ di tempo prima di capire, dietro valanghe di sorrisi, il pensiero strategico che avevano in testa gli uomini di Xi Jinping. Taino ritiene, correttamente, che la Cina potrebbe non riuscire a concretizzare appieno il suo «Grande Sogno». Il suo modello di capitalismo comunista non è esploso come volevano i pronostici di molti autorevoli studiosi in Occidente, ma ha non pochi problemi economici e sembra richiedere una repressione sociale crescente. Il potere militare della Cina, poi, resta ancora molto inferiore sia a quello americano sia a quello (nucleare) russo. La Cina, insomma, non ha ancora vinto la partita che ha deciso di giocare. Ma per gli altri è essenziale captare il fischio d’inizio, vedere e capire, interrogarsi, prevenire, preparare le difese ove necessario, ed è questa finalità di stimolo che rende importante e utile il libro di Danilo Taino.
Nel tirare le somme l’autore si interroga sulla nostra Europa: sarà in grado una Ue in crisi di cogliere gli sviluppi delle sfide internazionali ormai in corso? Sarà in grado di capire che sono in gioco conseguenze di enorme portata per l’economia, ma anche e soprattutto per la libertà e la democrazia? Interrogativi che è impossibile non porsi, se non si vuole infilare la testa nella sabbia e aspettare il peggio. Ritengo tuttavia che Danilo Taino sia eccessivamente severo quando parla di Europa, senza per questo voler nascondere un lungo elenco di errori e di manchevolezze che è di dominio comune e che l’autore non manca di ripercorrere, accostandolo alle nuove minacce. Pare al recensore di questo bel libro che, a dispetto dei suoi inciampi, la storia dell’Europa resti una storia di successo. Che le illusioni di centralità universale siano state superate da tempo e che l’eccezionalismo sia piuttosto di casa negli Usa o in Gran Bretagna. Che l’euro non sia stato un abbaglio, malgrado la cattiva gestione che lo accompagna. Che l’Europa, non essendo uno Stato, ma un insieme di Stati nazionali, non possa pretendere di gareggiare alla pari con l’America o con la Cina, e abbia interesse a definire una strategia (in grave ritardo, è vero) che le consenta di non diventare propaggine dell’Eurasia e di non essere suddita (in un intreccio di relazioni bilaterali) dell’America First. Ciò richiede un impegno molto più serio di quello attuale nel campo della difesa, senza per questo abbandonare la Nato. Richiede una politica dell’immigrazione in assenza della quale saranno le elezioni nazionali, non la Cina, a distruggere la Ue. E richiede la moltiplicazione immediata di quei dibattiti politici e strategici che si vanno aprendo in Germania sul «che fare?» davanti al G5 della Huawei e alle pressioni Usa per non adottarlo.
Certo, l’Europa non può e non deve rinunciare all’alleanza transatlantica. In Europa non esistono dubbi su questo punto a meno di voler dar retta a qualche frangia estrema del nazional-populismo italiano o a piccoli gruppi altrettanto estremi di casa a Budapest. Ma è invece Trump a scuotere l’alleanza, ben al di là della giusta richiesta di maggiori spese militari. Ed è corretto ritenere che se anche Trump non dovesse essere rieletto nel 2020, l’America manterrà almeno in parte la rotta da lui baldanzosamente tracciata. Questa è la vera, la nuova sfida per l’Europa che si affianca a quelle tradizionali cinese e russa. Se ne discuta, almeno. E in questa chiave non c’è libro più indicato di quello di Danilo Taino.