A 900 metri d’altezza nel Parco nazionale della Sila, una coppia di giovani di trent’anni, Fernando Rota e la moglie Rosetta, decidono di tentare l’impresa. Raccogliendo l’eredità della famiglia di Fernando — il nonno era un macellaio conosciuto fino in Sicilia e in Puglia —, cominciano a macellare suini e a produrre i salumi tipici della tra dizione calabrese. È il 1977. Oltre quarant’an ni dopo, quell’attività è diventata la San Vincenzo salumi, azienda da 22,8 milioni di euro di fatturato nel 2018 (in crescita), e che esporta il 20% della produzione, nel 2017 pari a 2.682 tonnellate, tra salumi, prodotti caseari, pasta fresca e «caciosalami», quest’ultimo un brevetto della famiglia Rota, una gamma di prodotti che da sola vale due milioni di euro.
I quattro figli di Fernando, Vincenzo, Stefania, Umberto e Concettina, oggi sono tutti attivi in azienda. «E mia madre, a 73 anni, viene ogni giorno allo stabilimento, controlla la produzione e ha la stessa voglia di far bene come all’inizio», racconta Vincenzo, che ha il ruolo di amministratore delegato.
La fortuna del brand «made in Italy», quando si parla di cibo, negli anni ha certamente dato una spinta ai salumi Dop e tradizionali prodotti a Spezzano Piccolo. Basti pensare che tra i prodotti tricolori più imitati al mondo c’è anche il salame calabrese. «All’inizio, per farci conoscere, abbiamo seguito le tracce dei nostri emigrati — spiega l’imprenditore —. Partecipavamo a fiere in Lombardia (per la San Vincenzo è il primo mercato in Italia, 24% del fatturato) o in Veneto o in Emilia Romagna. Nel mondo, oggi andiamo bene nel Regno Unito (50% del fatturato da estero), Polonia, Belgio, Spagna e Germania. Ma siamo arrivati fino in Giappone e per primi, tra i salumifici del Sud, in Canada. Ora che, recentemente, la Calabria è stata dichiarata dall’Europa ufficialmente indenne dalla vescicolare suina, si aprono nuovi mercati, come gli Stati Uniti».
E si può crescere ancora. «Noi ci crediamo e per cominciare stiamo puntando sulla comunicazione: nel 2018 abbiamo speso 340 mila euro, principalmente per tv e stampa — dice Rota —: siamo tra i “top spender” tra le aziende produttrici di salumi, secondo Nielsen».
Si lavora anche sull’ampliamento dei siti produttivi. Oltre a quello originale, di 5.800 metri quadrati, per il cui ammodernamento erano già stati stanziati 4,3 milioni di euro nel 2017, ora si pensa a un secondo sito. «È uno spazio di altri 2.500 metri quadrati, sarà uno stabilimento completamente automatizzato e dedicato alla stagionatura e affettatura e in camera bianca — spiega ancora l’imprenditore —. Sarà pronto nel 2021, l’investimento è di oltre sei milioni e lo costruiremo con i materiali della montagna, dal granito al legno della Sila». Perché l’attenzione all’ambiente, anche qui, è ormai irrinunciabile: «La nostra terra fa parte della nostra cultura — conclude Rota — e va preservata: abbiamo già installato pannelli solari, un impianto di cogenerazione a gas metano e siamo in attesa della certificazione ambientale Iso14001».
L’Economia 15 marzo 2019