Il Viminale al posto di Palazzo Chigi. L’irrituale sfilata di imprenditori, commercianti, agricoltori, artigiani avviene nello studio del ministro dell’Interno anziché alla Presidenza del Consiglio. O, ancora meglio, al ministero dello Sviluppo economico. È un inedito che segna un salto di qualità nel rapido processo di smarcamento di Matteo Salvini dal premier Conte e dall’alleato Luigi Di Maio. Iniziativa presa quasi nelle vesti di capo di fatto del governo, forse anche sulla spinta dei sondaggi. All’indomani della manifestazione di Piazza del Popolo in cui il segretario leghista aveva chiesto il mandato a trattare in prima persona con l’Ue. Dopo due ore di confronto intorno al lungo tavolo al secondo piano del ministero – al quale il vicepremier leghista si è fatto trovare al fianco del sottosegretario Giancarlo Giorgetti come in tutti i momenti cruciali – il presidente degli imprenditori Vincenzo Boccia riconosce piena legittimità all’interlocutore. Dopo che da Torino, nei giorni scorsi, aveva lanciato un duro atto d’accusa all’indirizzo dell’esecutivo assieme alle altre categorie produttive. «Il fatto che il governo inizi ad ascoltare le ragioni dello sviluppo e della crescita vuol dire che ha una consapevolezza che noi leggiamo in chiave positiva – sostiene il capo degli industriali lasciando il Viminale – Il clima e il dialogo sono sicuramente andati bene, ora però aspettiamo i fatti » . Il ministro è stato ad ascoltarli tutti, 5 minuti a testa, ha riempito oltre tre pagine di appunti, poi ha tirato le somme. Ha premesso che vuole mantenere le promesse della campagna elettorale, ma detto loro anche che si farà ” garante” delle richieste del mondo produttivo: «Mi piace badare al sodo».
In tutta risposta, Palazzo Chigi fa sapere che oggi a mezzogiorno il presidente Giuseppe Conte incontrerà i rappresentanti di Cgil, Cisal, Cisl, Confsal, Ugl e Uil. Come se d’improvviso fosse stata messa in soffitta la filosofia della «disintermediazione», del superamento di categorie e sindacati, che il M5S aveva assunto come linea guida della sua azione di governo. A differenza loro, la Lega si pone ora come interlocutore per la realizzazione delle grandi opere, a cominciare dalla Tav. Quelle infrastrutture che secondo il presidente degli industriali sono « irrinunciabili ». Boccia spiega che sia Salvini che Giorgetti gli sono apparsi consapevoli del rischio recessione nel 2019, a entrambi ha perciò posto il tema dell’ecotassa sulle auto da cancellare, altro argomento sensibile per i leghisti («Con noi al governo quella norma non passerà mai » ). Mentre gli artigiani hanno puntato sulla burocrazia, le cooperative sull’utilizzo del reddito di cittadinanza per favorire la nascita di start up.
Ma la vera priorità adesso è evitare la procedura di infrazione con l’Europa. Con Bruxelles ci si deve confrontare, sostengono a quel tavolo il capo degli imprenditori e gli altri responsabili di categoria. La manovra “civetta” approvata alla Camera sabato, da oggi inizia il cammino in commissione al Senato. Un maxi emendamento dovrà riscriverla per renderla compatibile con le richieste di Bruxelles. Ma contrariamente a quel che era stato ventilato, non ci sarà oggi un vertice di governo per mettere a punto la strategia in vista dell’incontro di mercoledì (ancora da confermare) tra il premier Conte e il presidente della Commissione Jean- Claude Juncker. Questa sera è sì in agenda una riunione di maggioranza a Palazzo Chigi – alla quale Salvini non ci sarà, incerto Di Maio – ma solo per concordare gli emendamenti alla manovra da presentare al Senato. Non dunque per sciogliere il fatidico nodo sulla riduzione del rapporto deficit- Pil dal 2,4 previsto all’ 1,9 preteso dall’Ue. Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità a fissare quel paletto al 2,1. Non un decimale sotto. Anche perché, fanno sapere fonti del M5S, entro Natale saranno pubblicate le misure sul reddito e sulla pensione di cittadinanza per «partire da marzo». È la conferma che Di Maio non ha alcuna intenzione di rinviarle a giugno per ritagliare ulteriori risparmi.