Questa sera al vertice di maggioranza si saprà se siamo di fronte ad una svolta reale o è solo un escamotage per passare il cerino ai «censori» dei conti italiani e poter dire che c’è un pregiudizio politico a Bruxelles dove trovare un compromesso è impossibile. Per il momento rimangono le parole di Matteo Salvini che apre alla possibilità di ridurre il deficit alla base della possibile procedura di infrazione. «Nessuno è attaccato al 2,4 per cento. Se c’è una manovra che fa crescere il Paese, può essere il 2,2, il 2,6, non è problema di decimali, è un problema di serietà e concretezza», dice all’Adnkrons. Poche ore dopo arriva quella che sembra un’apertura anche dei 5 Stelle. «Non difenderemo i numerini ma i cittadini. È essenziale che gli italiani possano trovare lavoro grazie al Reddito di cittadinanza e possano andare in pensione con quota 100. Queste misure e la platea individuata restano uguali», precisano fonti vicine a Luigi Di Maio.
Il capo del M5S ieri ha avuto una serie di telefonate con il leader leghista e il premier Giuseppe Conte al quale è arrivato da parte dei due azionisti della maggioranza il riconosciuto per come sta gestendo la trattativa con la Commissione europea. Il presidente del Consiglio infatti è riuscito ad aprire un varco al dialogo. Sabato, alla cena con il presidente Jean-Claude Juncker e i commissari Pierre Moscovici e Aldis Dombrovskis, ha creato un clima di fiducia e di attenzione nei nostri confronti. Ma, tornato a Roma, Conte ha fatto presente ai suoi due vicepremier che senza un segnale concreto, tangibile, la procedura di infrazione si abbatterà sull’Italia senza tentennamenti e slittamenti. Non è escluso che si possa arrivare alle pesanti sanzioni economiche a carico dell’Italia in piena campagna elettorale. E a poco basterebbe la reazione di Salvini e Di Maio che pensano di utilizzare la sentenza di condanna di Bruxelles come ottimo pretesto per farsi una bella campagna elettorale.
No, non è il caso di infilarsi in questo tunnel, sostengono Conte, i ministri dell’Economia e degli Affari europei Giovanni Tria e Paolo Savona, con la sponda robusta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Allora è meglio ricominciare a fare due conti a Via XX Settembre. «Il problema non è 2,2 o 2,4%, ma la tenuta del patto economico generale: stiamo aspettando gli approfondimenti da parte della Ragioneria e del Mef e dopo faremo le nostre valutazioni», spiega Conte. Così Salvini, all’uscita dalla partita Lazio-Milan all’Olimpico, non ha usato il solito sarcasmo e le solite battute velenose su Junker: «La sua apertura? Ne parleremo al vertice di Palazzo Chigi». Almeno sull’aspetto diplomatico e formale il leader della Lega ha abbassato i toni come gli ha suggerito il premier, per non rovinare il clima di disponibilità al dialogo registrato a Bruxelles anche nei suoi colloqui con la Cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron a margine del Consiglio europeo sulla Brexit. Ma solo stasera si capirà se è tutto un bluff o ci sarà una correzione in corsa di due decimali del deficit per portarlo al 2,2 per cento. Come? Basterebbe rinviare di un mese il reddito di cittadinanza e Quota 100. Ogni mese corrisponde a 1,8 miliardi ogni misura, pari a 0,2 del deficit. Basterà alla Commissione Ue e soprattutto ai 26 Paesi europei che hanno isolato l’Italia? Probabilmente no, ma il governo potrebbe proporre un’altra misura che Salvini porterà al vertice: l’idea di Armando Siri sul reddito di cittadinanza. «Si potrebbe legare la misura direttamente alle imprese: ci sono allo studio diverse opzioni», ha spiegato.
Nulla è scontato in queste ore. Qualunque ipotesi di rimodulazione del deficit deve tenere conto anche degli emendamenti di spesa presentati della maggioranza già giudicati ammissibili dalla Commissione Bilancio della Camera. Il presidente, il leghista Claudio Borghi, spiega che non basteranno i due piccoli fondi di 250 e 180 milioni messi a disposizione della legge di Bilancio per coprire gli emendamenti. «Si dovrà attingere alle risorse previste nel deficit complessivo di 2,4%. Non la vedo facile».