La Lega non cambia nome e simbolo e alle europee del 2019 sulla scheda ci sarà sempre Alberto da Giussano lanciato nel 1989 da Umberto Bossi. La sentenza del tribunale di Genova che ha rateizzato in 76 anni l’obbligo di restituire i 49 milioni sottratti allo Stato per la presunta truffa dei rimborsi elettorali ha messo il cuore in pace ai big del Carroccio, che ieri si sono trovati in via Bellerio a Milano. Non c’è più fretta di chiudere i battenti: 600 mila euro l’anno si trovano senza cambiali per saldare i debiti con la giustizia.
I debiti rateizzati
C’è quindi tutto il tempo per nominare i commissari cui affidare la fase di passaggio con il cambio dello statuto del partito che diventa federale e dice addio alla secessione, cavallo di battaglia di Bossi. Scomparirà la parola “Nord” e all’articolo 1 dello statuto si legge che la “Lega per Salvini premier è un movimento politico confederale…. che ha per finalità la trasformazione dello Stato italiano in un moderno Stato federale attraverso metodi democratici ed elettorali». Quindi stop per sempre alla “indipendenza della Padania”, i venetisti si mettano il cuore in pace, perché si dovrà cambiare la Costituzione. Ieri nel giro di due ore, il segretario-ministro degli Interni ha messo fine a tutti gli equivoci: «Non ci sono e non ci saranno congressi. Non cambiamo simboli. L’Alberto da Giussano c’è, la Lega si chiama Lega. Siamo il partito di riferimento di tutti i movimenti identitari e sovranisti europei. È un momento storico molto bello per l’Italia e per la Lega». Poi ha annunciato che l’8 dicembre a Roma ci sarà una manifestazione all’insegna dello slogan “Prima gli italiani”, versione sovranista del “Prima i veneti” con cui Luca Zaia ha vinto le elezioni nel 2015.
«Al mio fianco ci saranno i nostri sindaci e i governatori delle regioni e con loro faremo il bilancio dell’attività del governo, molto positiva dopo questi primi 148 giorni» ha concluso Salvini. Perché, allora, convocare i big in via Bellerio? “Radio-Lega” racconta che si è preso atto della vittoria di Maurizio Fugatti a Trento, mentre sarà difficile mettere piede nella giunta provinciale di Bolzano perché la Svp punta a rifare l’alleanza con il Pd e i Verdi. La Lega ha messo al tappeto Forza Italia, che viaggia tra l’1 e il 3% in Alto Adige, al punto che Berlusconi pensa di ritirarsi. «Il primo test sarà a febbraio 2019 in Sardegna e ci presenteremo con il nostro simbolo in tutte le altre regioni dove si vota e a maggio alla sfida per il parlamento Ue», ha osservato Salvini.
I 5 nuovi fondatori
La Lega 2.0 sovranista-federalista nasce fortemente radicata a Milano con la Liga Veneta, “madre” di tutte le autonomie, relegata in soffitta: i 5 soci fondatori sono Matteo Salvini, il ministro Lorenzo Fontana (veronese e vicesegretario), il sottosegretario Giancarlo Giorgetti (l’altro vicesegretario), il tesoriere Giulio Centemero e il senatore Roberto Calderoli, che ha scritto il nuovo statuto. Insomma, 4 “lùmbard” e un solo veneto, ma il segretario regionale Toni Da Re non si preoccupa. «Si tratta di figure istituzionali, la Lega è pronta a diventare un partito nazionale e per far nascere il nuovo soggetto bisogna azzerare i gruppi dirigenti e passare alla nomina dei commissari. Il simbolo e il nuovo statuto sono già stati approvati e non ci saranno i congressi provinciali, in Veneto siamo tutti con Salvini» conclude Da Re. Tutto a posto? Il vero problema sta nella corsa alle tessere per salire sul carro del vincitore: chi metterà un freno?