Governo del cambiamento? Nella comunicazione, sì. Matteo Salvini riceve i giornalisti in costume sotto l’ombrellone. E il ministro dell’Interno parla soprattutto di economia.
Pare che il vertice per varare la Finanziaria, cui lei non ha partecipato, non sia andato granché bene.
«Ho parlato con Conte e Di Maio, mi sembrano soddisfatti. È chiaro che non si può fare tutto subito. I miracoli non li chiedono neanche i miei vicini di ombrellone. Però si chiama governo del cambiamento e non può fare le stesse finanziarie punitive di quelli precedenti. Alcune novità me le aspetto».
Quali?
«Primo: una riduzione della pressione fiscale. Poi decidiamo se per le imprese, per le famiglie, sull’Iva, ma intanto partiamo. Secondo: via le accise sulla benzina, almeno alcune. Basta pagare per la guerra d’Etiopia o il Vajont. Terzo: stralcio delle cartelle Equitalia, che è la richiesta che qui in spiaggia la gente fa di più. Quarto: flat tax e reddito di cittadinanza. Nel contratto di governo ci sono, forse non si potranno fare subito, però impostiamole. Quinto: abolizione della Fornero e quota cento».
I soldi non ci sono. Allargherete ulteriormente il debito?
«Faremo di tutto per non aumentarlo. Ma se si tratta di aiutare imprese e famiglie i vincoli europei si possono superare. La regola del 3% non è la Bibbia».
Conte sta più con Tria o con Di Maio? E lei?
«Conte è un mediatore. È il suo mestiere, lo sa far bene».
Intanto si annuncia un autunno caldissimo, fra lo spread che sale, la fine del quantitative easing e gli attacchi degli speculatori.
«E infatti dobbiamo prepararci. A qualcuno fanno gola le nostre aziende, ma l’Italia non è in svendita. Stiamo studiando le contromosse. Il fatto che al governo ci sia il professor Savona mi dà fiducia».
Se aumenterà il debito il Paese sarà ancora più fragile.
«Il debito che abbiamo ereditato non è un problema se l’economia tira. L’economia italiana è solida, a parte gli attacchi dei Soros di turno. Altro che i troll russi, che due volte su tre sono bufale: è la grande finanza a condizionare le economie e le vite. Glielo impediremo».
Però è in corso una fuga di capitali.
«Operazioni finanziarie che non condizionano l’attività del governo. Sono contattato da molti Ceo di grandi aziende internazionali. L’Italia può attrarre investimenti. Ancora di più, se riusciremo a ridurre la pressione fiscale e accelerare i tempi della giustizia».
Capitolo grandi opere. Da Puerto Escondido, Alessandro Di Battista dice che la Tav non s’ha da fare.
«Auguri a Dibba con un po’ di invidia: io più modestamente mi accontento di Milano Marittima. Ci sono fior di tecnici e di docenti che stanno valutando il rapporto costi-benefici. Dai nostri dati, sembra che i benefici superino i costi nel caso delle pedemontane, del terzo valico e del Tap, che ridurrebbe del 10% il costo dell’energia per tutti gli italiani».
E la Tav?
«Lì il discorso è più lungo. Bisogna calcolare fino all’ultimo centesimo. Aspetto i risultati degli studi. In linea di massima, culturalmente sono più per fare che per disfare. Se non fare la Tav ci costasse due, tre o quattro miliardi, è chiaro che andrebbe fatta».
Del decreto dignità è soddisfatto?
«Mi sembra che sia arrivato meglio di com’era partito. Del resto, abbiamo ascoltato tutte le categorie. Un governo che ascolta: anche questo è cambiamento».
Come spiega agli elettori del Nord liberista la nazionalizzazione di Alitalia e il ritorno ai carrozzoni pubblici?
«Non ripeteremo i molti errori commessi da qualche commissario che dovrebbe rispondere in sede civile e penale. Se vuoi portare turisti in Italia, devi avere una compagnia di bandiera. È un asset strategico, come l’acciaio. Non possiamo chiudere l’Ilva, così non possiamo vendere o svendere Alitalia, intera o a pezzi».
Battaglia Rai. Il consigliere Laganà dice che gli atti del cda sono illegittimi se continua a presiederlo Foa come consigliere anziano.
«Con tutto il rispetto, valuto con più attenzione i pareri legali. Noi andiamo avanti con Foa, la persona giusta al posto giusto. Su di lui non ho sentito obiezioni di merito, ma solo di metodo. Le regole, fatte peraltro da Renzi, dicono questo. Poi, certo, rimane l’obiettivo di avere un presidente eletto. Non mi stupisce che il Pd strepiti: gli abbiamo tolto il giocattolo. Mi stupisce il no di altri».
Torni a fare il ministro dell’Interno. A Ferragosto dove sarà?
«A presiedere un Comitato per l’ordine pubblico a San Luca, sull’Aspromonte».