«Dove sono finiti i 5 Stelle?». Spariti tutti. Matteo Salvini, infuriato e impegnato in una manovra di speronamento virtuale contro le navi Alex di Mediterranea e Alan Kurdi, battente bandiera tedesca, a un certo punto si è guardato intorno (sui social e nelle agenzie) e ha constatato che non c’era nessuno. Che si era fatto il vuoto intorno. Il sospetto, anche qualcosa di più, è che i 5 Stelle abbiano deciso di far finta di nulla, visti anche i conflitti interni, e di lasciargli la patata bollente. Non che gli dispiaccia del tutto, perché il suo gradimento si impenna quando la lotta si fa dura, quando può collegarsi in live indignati e postare foto imperative, come quella di ieri: «Non autorizzo nessuno sbarco!».
Ma nel gioco quotidiano del riposizionamento — ogni giorno un po’ più a destra, un po’ più populista, un po’ più allarmistico — Salvini chiede, anzi esige, che il Movimento non si tiri indietro: «Mi aspetto una condivisione nei fatti della mia battaglia da parte dei 5 Stelle — dice ai suoi — È evidente che le ong stanno alzando l’asticella anche per rompere i grillini e sabotare il decreto sicurezza bis. Io sono pronto a inasprirlo. Voglio vedere cosa faranno loro».
Da giorni si vocifera di sorprese. Si parla di un emendamento — a firma Simona Suriano e Yana Ehm — che consentirebbe gli sbarchi. Ma i 5 Stelle si sono affrettati a smentire, spiegando che quel testo non era passato dal filtro politico: «Ora ci è arrivato ed è stato cestinato». Ma le sensibilità, da Roberto Fico in giù, sono tante, e non è esclusa qualche sorpresa. Non dai vertici, se è vero che Di Maio, per non farsi scavalcare, talvolta supera Salvini. Sulle navi delle ong, per esempio, c’è un emendamento a firma Anna Macina, che prevede la confisca in caso di ingresso illegale.
Ma Salvini ha intenzione di alzare il tiro a vasto raggio: «Mi aspetto dagli amici 5 Stelle un sostegno anche sulla giustizia, per far rispettare le leggi e non farle interpretare da qualche magistrato». Lui, che si definisce «un ministro che ha le palle», ora chiede agli altri di estrarle. E per questo attacca i ministri della Difesa e delle Finanze. Salvini si rivolge a Elisabetta Trenta, chiedendole supporto per la Marina, che non dipende da lui e così apre un botta e risposta a distanza. Perché fonti della Difesa replicano a muso duro: «Da 48 ore abbiamo offerto supporto al Viminale per fornire le imbarcazioni e trasportare i migranti a Malta. È un mistero, perché il Viminale non ci ha mai risposto. Non hanno voluto il nostro aiuto nonostante abbiamo subito dato la disponibilità a mettere le navi a disposizione affidando la gestione della vicenda al capo di gabinetto che ha parlato direttamente con il prefetto Matteo Piantedosi».
Per tutto il giorno, dopo un blitz a Coldiretti, Salvini è rimasto in famiglia (nella diretta su Facebook si vedeva la foto della figlia), in costante contatto con il Viminale. Irritato da quelle che considera «provocazioni» delle ong. Nell’incertezza sulla sorte della nave Alex, ha preso in considerazione l’ipotesi che fosse la Guardia di Finanza a dover verificare irregolarità della nave, con la conseguenza del sequestro e della discesa a terra dei migranti. O, in alternativa, di lasciare a Mediterranea l’onere di sbarcare, senza l’identificazione. Con le accuse pronte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per l’equipaggio e di ingresso illegale per i migranti. Interpretazioni e cavilli, per dar sostanza al suo «Non autorizzo nessuno sbarco!».
Ma la strategia, in fondo, rimane quella dello scontro. E del tenere il centro del campo di battaglia: «Questa non è solo una violazione delle norme, è un attacco al popolo e al Viminale». Poi aggiunge: «Ogni tanto mi sento un po’ solo, politicamente». Una solitudine cercata, rivendicata e poi recriminata, per incrementare l’effetto mediatico. Vittimismo che si accoppia alla ricerca del «colpevole»: che sia Soros, che «finanzia l’invasione del continente europeo», il ministro Giovanni Tria (con citazione del figlio volontario nelle ong), il ministro 5 Stelle Trenta o la Germania. A sua difesa, Salvini cita Giovanni Falcone. E Oriana Fallaci, con una frase che si può leggere in vari modi: «Chi tace è complice».