Fermannyy Pereulok è una via anonima in un quartiere tranquillo e semicentrale di Mosca. È qui, dietro un portoncino protetto da telecamere, che ha sede la Orion, la società russa di Gianluca Savoini e Claudio D’Amico. Accanto all’ingresso una serie di targhe, tra le quali quella dello studio commmerciale che ha effettuato la registrazione e fornito il domicilio. La Orion è una scatola vuota, con un volume d’affari di poche migliaia di euro, che però a oggi risulta ancora attiva. «È stata creata come rappresentanza commerciale di aziende italo-russe grazie ai contatti che avevamo. L’abbiamo attivata a fine 2016 ma è sempre rimasta dormiente perché nel frattempo non abbiamo avuto tempo di portarla avanti», aveva detto D’Amico a La Stampa nel dicembre scorso. Secondo quanto ricostruito però gli affari sono uno dei tre raggi d’azione, insieme ai legami politici e a quelli culturali, della coppia di leghisti e nelle loro frequenti trasferte a Mosca.
Trasferte frequenti perché i due, insieme o separatamente, sono stati nella capitale russa davvero spesso. Quasi tutti i mesi tra il 2016 e il 2018, racconta una fonte a conoscenza delle vicende.
Per riannodare i fili di tutto partiamo però dall’Hotel Lotte di Mosca. È lì che, il 17 ottobre 2018 si tiene l’Assemblea di Confindustria Russia. Ospite d’onore: Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’interno.
Intorno a questo appuntamento ruotano molti dei personaggi e tutti gli interrogativi di questa storia. Quel giorno, a pochi passi dal Lotte, Savoini viene fotografato con altre due persone a colloquio con il filosofo Alexander Dugin. Quel giorno passa dal Lotte «per un saluto» anche Bruno Giancotti, imprenditore italiano diventato negli anni un riferimento per Savoini e D’Amico nei loro viaggi a Mosca. Dopo la conferenza Salvini sparisce per 12 ore, malgrado il protocollo segnalasse il suo rientro in Italia in serata. Il giorno dopo all’hotel Metropol, avviene la trattativa sul gasolio per finanziare la Lega i cui dettagli sono stati diffusi prima dall’Espresso e poi da Buzzfeed.
Confindustria Russia è la “creatura” di Ernesto Ferlenghi, numero uno di Eni in Russia, che sta cercando di raccogliere intorno a sé la rappresentanza economica della comunità italiana a Mosca. Finora prerogativa esclusiva di un pezzo da novanta dei rapporti italo-russi: Antonio Fallico, capo di Banca Intesa Russia, in rapporti assai saldi e di lunga data con il Cremlino e con alcuni degli oligarchi più potenti, come il numero uno di Rosneft, Igor Sechin. L’intuizione di Ferlenghi, spiega un conoscitore delle vicende, è semplice. Costruire un rapporto – politico, sia chiaro – con Salvini e la Lega, approfittando da un lato delle posizioni filorusse e anti-sanzioni di Salvini e della lontananza di questi da Fallico, dall’altro. Lontananza perché i suoi uomini sul territorio, Savoini e D’Amico, frequentano altri giri, che non sono né quelli di Fallico né quelli di Ferlenghi. A tenere i rapporti d’affari dei due sul posto è Giancotti, la cui società condivideva l’indirizzo con la Orion di Savoini e D’Amico e con una dozzina di altre aziende. Le imprese italiane, spiega Giancotti, rivolgevano ai buoni uffici di Lombardia Russia per trovare affari. Giancotti, che fa questo di mestiere, le metteva in contatto con potenziali partner russi. Possibile che qualcosa sia andato alla Lega? «Non che io sappia», dice Giancotti.
Poi ci sono i rapporti culturali, che portano tutti verso i movimenti nazionalisti e ultraortodossi e verso il discusso oligarca Konstantin Malofeev. Tanto Dugin che il presidente onorario di Lombardia Russia, Alexey Komov, riportano direttamente a lui, l’oligarca sanzionato da Usa e Ue per il suo ruolo nella guerra in Ucraina e sospettato di aver finanziato la Le Pen in Francia. Riporta a Malofeev anche Mikhail Yakushev. È il vice presidente del think tank Katehon, promosso e finanziato dallo stesso Malofeev e ritenuto uno degli strumenti delle operazioni d’influenza russa in Occidente. Malofeev inoltre, con il quale Giancotti vanta una amicizia di vecchia data, ha incontrato più volte Savoini e D’Amico e ha avuto contatti diretti con lo stesso Salvini.
Infine, il piano più politico, del quale si occupava prevalentemente D’Amico. Il legame con Sergey Zheleznyak, parlamentare di Russia Unita, ex portavoce del partito di Putin alla Duma e artefice del “gemellaggio” tra la Lega salviniana e il partito del numero uno del Cremlino. Altrettanto saldo, si spiega, il rapporto con un altro politico di primo piano: l’ex presidente della Commissione esteri, sempre alla Duma, Alexey Puskov