Ministro, ora che cosa indossa? L’abito della casta o la felpa?
«Senta, piantiamola lì… Io sono convinto che ciò che conta non è quello che si indossa ma i risultati che si portano. Sono troppe settimane che continuano a piovermi addosso insulti. Io non rispondo». Matteo Salvini si riferisce a una battuta di Luigi Di Maio, secondo cui prima il vicepremier leghista aveva la felpa e poi, con il caso Siri, ha indossato l’abito della vecchia politica.
Anche Giancarlo Giorgetti ieri ha detto di non credere che resterà fino al termine della legislatura. Che cosa risponde ai leghisti che le chiedono di mandare a quel paese Di Maio e il governo?
«Rispondo che abbiamo troppo da fare. E che non esiste una maggioranza alternativa. Per dire: l’obiettivo non è quota 100, è quota 41: se hai lavorato per 41 anni, vai in pensione. E poi la riforma della giustizia, della scuola, l’autonomia, la riforma fiscale».
Ma per questo governo è ancora possibile lavorare?
«Io spero di sì. Guardi qui, sono i dati aggiornati a stamattina. I reati quest’anno sono diminuiti del 15%. Nel dettaglio: rapine -20%, furti -15%, estorsioni -16%, omicidi -12%, tentati omicidi -16%, violenze sessuali -32%. Ah, dimenticavo: sbarchi, -91%. Io mi auguro che tutti i ministri portino il mio stesso fatturato positivo. Perché, appunto, abbiamo troppo da fare per dare soddisfazione a chi vuole che il governo salti. Certo, basta con gli attacchi».
Perché i 5 Stelle la attaccano?
«Temo che abbiano influito i sondaggi e le Regionali. Noi abbiamo vinto dappertutto, ma quelle sono elezioni locali. Perché il governo sta lavorando e dunque i continui attacchi sono ingiustificati».
Però, anche ieri Di Maio ha ricordato la sua foto con il mitra, la accusano di tentazioni autoritarie, di strizzare l’occhio a CasaPound. Hanno torto?
«Quando farò il ministro della Cultura, andrò alle rassegne cinematografiche. Se sono ministro dell’Interno, mi occupo di quello che usano tutti i giorni le forze dell’ordine».
Perdoni: ma quale è il suo giudizio su Benito Mussolini?
«Il mio è un giudizio storico decisamente negativo, come riguardo a tutti i regimi che cadono nella violenza, che incarcerano le idee e le persone… Poi, negare le opere, le bonifiche, le grandi stazioni secondo me non ha senso: è negare un fatto storico. Mi stupisce che io in campagna elettorale parlo di tasse e di lavoro e mi danno del fascista…».
Berlusconi, i 5 Stelle, il Pd. Tutti sostengono che lei stia troppo poco al Viminale. Hanno torto?
«Che meraviglia… Se mi criticano Berlusconi, Di Maio e Zingaretti vuol dire che diamo fastidio a tutti. Siamo nel 2019, esiste la tecnologia. Ma poi, ci fosse un aumento dei reati capirei la critica. Ma così… Nel secondo decreto sicurezza, quello che a Di Maio non piace e non so il perché, si aggiungono 800 uomini per cercare di eseguire le 12mila sentenze fin qui non eseguite per mancanza di personale».
A proposito. Molti leghisti sono convinti che ci sia un feeling tra Procure e 5 Stelle, che Piercamillo Davigo sia il loro ispiratore…
«Ma no, non credo. Resto convinto che ci voglia una profonda riforma della giustizia fatta con e non contro magistrati e avvocati. Fermo restando che la separazione delle carriere e la responsabilità dei magistrati sono un principio di civiltà».
Ci sarà la riunione politica prima del Consiglio dei ministri di lunedì?
«Io sono a disposizione, certo… Però, nessuno mi ha chiamato, non è che sia io a non volermi riunire. Domani (oggi, ndr) peraltro sono a Roma, ho il Comitato per la sicurezza. Quindi, se qualcuno vuole parlare di sicurezza…».
Non solo. Lei stesso ha parlato delle autonomie regionali. Mentre il premier Conte sostiene che ancora non c’è l’accordo. Non è un problema?
«Certo. Le autonomie sono pronte da molte settimane, ci sono tutti pareri. Ma quale accordo politico manca?».
Quello con i 5 Stelle, sembra…
«Senta, io sono un uomo di parola. Alcuni provvedimenti approvati da questo governo non sono affatto nel dna della Lega. Pensi al reddito di cittadinanza: vedo tra l’altro che ha aumentato le separazioni e i divorzi, che ci sono persone che fanno acquisti strani… Ma va bene: si controllerà. Però, sulle autonomie io ho dato la mia parola e la mia parola vale. E poi non capisco, mi parlano di sanità di serie A e di serie B. Il fatto è che oggi è così. Noi siamo convinti che l’autonomia sia il rimedio. Ma non c’è solo quello: dicono no immotivati al decreto sicurezza, no alla flat tax. Tanti no in sintonia con Renzi».
Qui in Veneto si lamentano che non è arrivato nulla sull’alta velocità tra Brescia e Padova.
«Ma sì, appunto… Conte e Toninelli avevano promesso da tempo che si sarebbe sbloccata quella ferroviaria. O lo sblocca cantieri. Anche oggi il settore dell’edilizia continua a chiedere di andare avanti».
Giusto ieri, il presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha detto che portare il tetto per le gare pubbliche a un milione di euro «è una norma pericolosa».
«No, no, no… Io la penso in maniera opposta. Certo, per qualcuno sono tutti presunti colpevoli, ma questa è una cultura del sospetto che non ci fa bene. Ma il nostro problema è che i sindaci non firmano gli atti. Finiamola di bloccare il paese. Prenda la flat tax a cui ci dicono che dovremmo rinunciare: nei primi tre mesi di quest’anno sono state aperte 200 mila nuove partite Iva. Se il quadro migliora, la gente dice “io ci provo”. Per questo ridurre le tasse alle imprese è una priorità: perché il salario minimo lo dà l’impresa, non altri».
Il problema sono le risorse che non ci sono. Lei ieri lo ha ripetuto: mai e poi mai l’aumento Iva. Però, senza copertura le clausole scattano.
«Ma questi sono i vincoli fiscali superati, vecchi e senza senso imposti dall’Ue. Il punto non è la copertura. Per esempio: io ho proposto la detraibilità del 100% delle auto aziendali. Mi dicono che lo stato incassa 500 milioni di meno. Ma se vendi molte auto in più, lo Stato incassa 600 milioni. Mi creda: tra il dire “me ne frego” dei vincoli e il dire “non faccio niente”, perché questa è l’alternativa, io sceglierò di fregarmene. E se vinceremo, la prima direttiva da cambiare sarà quella sulle banche».
È vero che Orbán le ha detto di non volere alleanze con Marine Le Pen e l’Afd?
«Non è vero. Ma guardi che quel che conta è altro: sabato a Milano ci saranno sul palco della Lega le delegazioni di 12 partiti stranieri. Stiamo creando un’alleanza che non c’era mai stata. E con Orbán e i polacchi stiamo ragionando».