«Vuole sapere se il governo dura? Mi richiami tra un’ora…». Alle ore 21 di ieri sera, quella di Matteo Salvini sembra una battuta. Ma fino a un certo punto. Il vicepremier si riferisce al fatto che a Palazzo Chigi è in corso la riunione per arrivare al dunque con il tormentato decreto sblocca cantieri: «E quindi — prosegue il ministro — se il governo dura glielo potrò dire soltanto quando avremo visto come va con il decreto. Perché a questo punto noi possiamo soltanto guardare ai fatti». Poco più tardi, alle 21.30, il leader leghista è arrabbiato sul serio: «Andiamo bene… Sullo sblocca cantieri, Conte ci ha detto no». È successo che alla riunione il presidente del Consiglio ha negato la possibilità di accogliere l’emendamento leghista che prevedeva una moratoria di due anni all’entrata in vigore del codice degli appalti. Salvini non la prende affatto bene: «Pensi un po’… Senza la moratoria sarebbe entrata in vigore la direttiva europea, non una normativa fatta da mafia, camorra e ‘ndrangheta. Eppure, niente. Ma non è che possiamo ripartire dal punto zero con i no». Secondo fonti leghiste, lo stop del premier sarebbe venuto per il fatto che l’ipotesi di moratoria non sarebbe stata approfondita a sufficienza.
Ma al di là dello sblocca cantieri, il leader leghista è secco. E per la prima volta dà un possibile orizzonte temporale al governo che non corrisponde alla legislatura: «Entro giugno vedremo. Entro giugno non ci saranno più dubbi sulla volontà di nessuno. Io, per quanto mi riguarda, non ho mai pensato né prima né dopo le Europee di far cadere il governo. Però, ripeto: contano gli atti». Riprende Salvini: «I temi li abbiamo tutti davanti, chiari: autonomia delle Regioni, riforma fiscale…». Poi, senza cercare di frenarsi aggiunge: «Taccio sul decreto Sicurezza 2, che ormai è pronto da settimane. Adesso Conte va in Vietnam… Vabbé, entro il mese capiremo tutto»
Salvini aveva iniziato la giornata nel Nordest, in compagnia del governatore Luca Zaia, per inaugurare l’autostrada Pedemontana veneta. Quasi un manifesto: «Ci sono voluti soltanto 29 anni, se ne parlava dal 1990… È questo che la gente ci chiede di fare. Realizzare le opere, sburocratizzare, dare un taglio agli stop incomprensibili».
Ma nell’orizzonte, prosegue Salvini, non ci possono essere timidezze: «Ci vuole l’ambizione di perseguire un grande progetto. E questo passa per un punto chiarissimo: un pesante taglio delle tasse. Lo ripeto: pesante. Questo è un momento storico unico, è il momento di farlo. Il nostro banco di prova è questo e gli italiani alle Europee ci hanno detto di fare esattamente questo. E sui vincoli Ue il voto europeo è stato chiaro». Insomma, Salvini è ultimativo almeno quanto il premier Conte che in conferenza stampa mette sul piatto le sue possibili dimissioni: «L’unico obiettivo da trattare con l’Europa — scandisce il vicepremier — è quello. Conte, Moavero, Tria… se siamo tutti determinati, possiamo farlo. Certo, se qualcuno non ne è convinto già in partenza, se ci si accontenta degli zero virgola, diventa difficile». Insomma, c’è da fare chiarezza sulla prossima manovra: «Sarà impegnativa, lo sappiamo bene tutti. Ma sarà impegnativa perché sarà per lanciare e non per togliere».
Di Maio, dopo l’intervento del premier Conte, ha chiesto esplicitamente che cessino gli attacchi contro i ministri a 5 stelle. Salvini parte piano: «Con gli amici a 5 stelle, per 11 mesi su 12 e a dispetto di tutto e di tutti, ho lavorato bene». Poi, il tono cambia: «L’ultimo mese è stato davvero sgradevole. Con attacchi personali pesantissimi, con il nome della Lega associato a Tangentopoli e usato a sproposito parlando di mafia, inchieste, indagini… Tra l’altro, non mi pare che questo tipo di tema continui a premiare con l’elettorato». Poi, la staffilata al presidente della Camera Roberto Fico: «Non mi pare che trasformare la festa della Repubblica nella festa dei rom sia stata una buona idea. Spero proprio che Giuseppe Conte una telefonata gliel’abbia fatta…».
Alla conferenza stampa di Conte, Salvini aveva peraltro già risposto via Facebook: «Noi non abbiamo mai smesso di lavorare, evitando di rispondere a polemiche e anche insulti, e gli italiani ce lo hanno riconosciuto con 9 milioni di voti domenica». E dato che «l’Italia dei Sì è la strada giusta», il ministro era passato all’elenco dei provvedimenti attesi: «Flat Tax e taglio delle tasse, riforma della giustizia, decreto Sicurezza bis, autonomia regionale, rilancio degli investimenti, revisione dei vincoli europei e superamento dell’austerità e della precarietà, apertura di tutti i cantieri fermi: noi siamo pronti, vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere».