Cinque mesi dopo l’avvio, il governo guidato da Giuseppe Conte continua a mantenere un consenso altissimo.
Come la maggioranza che lo sostiene. Ma fra gli italiani si colgono anche segni di preoccupazione. O meglio, di prudenza. Il sondaggio di Demos condotto negli ultimi giorni, per l’Atlante Politico di Repubblica, lo rileva e lo sottolinea con evidenza. Nei confronti del governo, infatti, il 58% dei cittadini (intervistati) esprime un giudizio positivo. Si tratta, dunque, di un dato elevato (e anche di più…). Tuttavia, in lieve calo, nell’ultimo mese: 4 punti in meno. D’altronde, non è possibile andare oltre questi livelli. Se guardiamo gli orientamenti di voto e il gradimento dei leader, peraltro, è possibile cogliere l’origine di questa tendenza. Per quel che riguarda le stime elettorali, la Lega mantiene pressoché la stessa “misura” osservata a settembre: 30%. Appena una virgola in meno: 0,2.
Mentre il M5S scivola un po’ più in basso. Al 27,6%. Quasi due punti (1,8, per la precisione). Ma perde oltre 5 punti, rispetto alle elezioni. E 3,5 in confronto alle stime dello scorso maggio. Peraltro, dietro c’è quasi il vuoto. Il Pd continua a scendere. Ora è al 16,5%, mentre Fi risale al 9,4%. Insieme, i due partner di governo si avvicinano al 58%. E confermano una maggioranza solida e stabile. Ma scendono un poco. Per la prima volta dopo il voto. È, comunque, evidente come questa maggioranza abbia un volto ben preciso. Ha i tratti di Matteo Salvini, che mantiene il 60% dei consensi personali.
Mentre Luigi Di Maio risulta gradito al 53% degli elettori. Tanti. Ma meno di un mese fa (4 punti).
Superato dal premier, Giuseppe Conte. Anch’egli in lieve calo di consensi. Si attesta, comunque, a sua volta, quasi al 60%. Tuttavia, secondo quasi il 60% degli italiani, il vero Capo del governo e della maggioranza resta il leader leghista. Mentre il premier è ritenuto tale solamente dal 16%. E Di Maio dal 14%. La marcia della “Lega a 5S” (L5S), dunque, procede. Ma accompagnata, fra gli italiani, da dubbi e perplessità. Il giudizio sulla manovra di bilancio, come chiariscono Bordignon e Biorcio, è, infatti, positivo. Ma fra i cittadini emergono riserve significative. In particolare: sul reddito di cittadinanza. Il prodotto di bandiera. O meglio: per la maggioranza dei cittadini può essere utile, ma non è una priorità. Mentre preoccupano le conseguenze delle politiche di governo nei confronti dell’Unione europea. Oltre metà degli italiani chiede esplicitamente che si tenga conto delle osservazioni della Ue.
Anche a costo di riscriverne alcuni punti essenziali. D’altra parte, negli ultimi anni, l’idea di uscire dall’euro non è mai stata tanto impopolare. Condivisa, attualmente, da non più di 2 elettori su 10. Perfino tra gli elettori della Lega e del M5S supera di poco un terzo dei consensi. È un atteggiamento che abbiamo già osservato – descritto – in passato. Anche di recente. Gli italiani, infatti, non apprezzano l’Unione europea. La considerano un organismo burocratico, che pone e impone vincoli, senza delineare un progetto politico condiviso. Tuttavia, temono di uscirne. Di restarne fuori. Lo stesso orientamento viene espresso nei confronti dell’euro. La moneta unica. Non piace. È ritenuta causa di molti mali e di molti disagi. Per i bilanci del Paese. E delle famiglie. Ma uscirne appare, ai più, anzi: a quasi tutti, un salto nel buio. Anche per queste ragioni Lega e M5S hanno modificato le loro posizioni, sull’argomento. E non parlano più di uscire dall’euro – e dalla Ue. «Non è scritto nel contratto», ha ripetuto spesso Di Maio, nelle ultime settimane. Ma l’euro-diffidenza dei partiti e dei leader politici di governo e dei loro leader è nota.
Si spiega anche così l’indice di gradimento espresso verso il presidente della Bce, Mario Draghi: 58%. Quasi allo stesso livello di Salvini e Conte. Ma sopra a Di Maio. Draghi, agli occhi degli italiani, costituisce un’ancora per trattenere la barca italiana in acque europee. Per non venire spinti verso sponde e zone pericolose. D’altra parte, un problema evidente, messo in luce anche da questo sondaggio, è costituito dalla debolezza, per non dire l’assenza, delle opposizioni.
L’abbiamo già osservato più sopra: a Centro-Sinistra, il Pd ha perduto ancora consensi. Oggi è stimato sotto il 17%. Sotto la soglia di sopravvivenza. O almeno: sotto al livello di guardia. Per un partito che fino a pochi anni fa aveva raggiunto il 40%. Mentre, a Centro-Destra, Forza Italia non arriva al 9,5%. E se si volge lo sguardo ai leader – in tempi di personalizzazione della politica e dei partiti – il quadro peggiora ulteriormente. A Centro-Sinistra, solo Paolo Gentiloni mantiene un livello di consensi elevato. Probabilmente perché considerato “fuori dai giochi”. Mentre i principali candidati alla segreteria, Luca Zingaretti e Marco Minniti, non superano il 40%. E Matteo Renzi mantiene saldamente l’ultimo posto della fila, con il 24%. Lontano da tutti. Nonostante il rito della Leopolda. Mentre Silvio Berlusconi, inventore del “partito personale” e alleato di Salvini, alle recenti elezioni, è poco più sopra. Al 30%.
Così, la L5S oggi deve temere solo se stessa. La propria eccedenza. L’iper-personalizzazione di Salvini. Onnipresente sui media – social e tradizionali. Deve, inoltre, tenere d’occhio l’euro-prudenza dei cittadini. Perché gli italiani non amano l’euro, ma guai ad abbandonarlo. E, per questa ragione, navigano a vista. Fra Draghi e Di Maio.